Naso e mandibola rotti, ma se la caverà l'attivista No Tav ferita con un lacrimogeno in faccia
Torna la violenza becera: il corteo intercettato dalla Polizia; la gestione della protesta forse è sfuggita di mano; il rischio di ritorsioni.
Naso, mandibola e occhio rotti: se la caverà per un pelo la attivista No Tav appartenente alla galassia anarchica che, da Pisa, è partita con altri militanti del centro sociale "Newroz" per protestare e far guerriglia in Piemonte. Intanto circolano le prime immagini degli "incatenati" dentro la casetta sul tetto dell'ex-autoparco (foto di copertina).
Un candelotto sparato in faccia
Le ferite sono state causate da un candelotto lacrimogeno lanciato ad altezza d'uomo dalla Polizia in assetto anti-sommossa. In linea teorica sarebbe vietato sparare qualsivoglia proiettile ad altezza d'uomo durante le manifestazioni e negli scontri di piazza, ma si sa come vanno poi queste cose. Chi fa sassaiole, chi risponde a manganellate, poi magari compare un estintore come al G8 di Genova e si spara... Vicende che diventano tristi resoconti il giorno dopo, ma che sono difficili da governare mentre accadono. Sia come sia, secondo i manifestanti ancora una volta la Polizia ha esasperato il livello dello scontro. Stando alla versione fornita dai No-global / No-Tav un corteo di persone si stava avvicinando pacificamente alle 23 verso l'autoparco presidiato da alcuni attivisti. Questo manipolo rappresenta un po' l'avanguardia degli attivisti, saliti sul tetto simbolicamente nei giorni scorsi.
La Polizia ha reagito male?
Ebbene, sempre secondo i No Tav la Polizia avrebbe caricato violentemente senza motivo onde impedire l'accesso al corteo. Ecco parte del resoconto:
"(...) centinaia di persone si sono avvicinate al presidio per portare solidarietà a chi resiste sul tetto, per impedire la prosecuzione dei lavori di un’ennesima opera inutile accessoria al Tav. La reazione delle forze dell’ordine è stata violenta e spropositata. La premeditata aggressione ai No Tav ha lasciato il segno sulla giovane donna: naso, mandibola e occhio rotti (senza rischio di perdita della vista, per fortuna) e due ematomi con rischio di emorragia celebrale. Questo il risultato di un lacrimogeno sparato in faccia a distanza ravvicinata dalle forze di polizia occupanti della Val Susa da martedì scorso".
Chi si aspettava quindi un abbassamento dei toni nella contrapposizione in Val di Susa non ha fatto i conti con gli sviluppi "di piazza" della protesta. Un segnale di distensione c'era anche stato: la convocazione di pacifici comizi nella piazza di San Didero, senza più cortei itineranti, da una parte; la scarcerazione dell'attivista-simbolo Dana Lauriola dall'altra.
Nonostante la scarcerazione
Sembrava che le parti fossero disposte a un armistizio. Invece. I durissimi scontri della notte scorsa hanno riportato tutto alla becera violenza. Secondo la Questura la giovane attivista ferita sarebbe una facinorosa tout-court, con precedenti per resistenza e interruzioni di pubblico servizio (i classici reati da "disubbidienti"). Insomma, come dire che se l'è un po' cercata... Ma i compagni della ferita rilanciano e minacciano fra le righe di poter reagire:
"Giovanna c’è sempre stata, in Val di Susa come a Pisa, lottando contro la violenza e per la giustizia sociale. Sensibile a tutte le lotte: da quelle sanitarie, a quelle sui posti di lavoro, per l’autodeterminazione delle donne, per il diritto all’abitare. Impegnata nella distribuzione dei pacchi alimentari alle persone colpite dalla crisi pandemica. Perno nella costruzione di una comunità solidale, in cui i bisogni dei bambini, degli anziani, delle donne e di tutti sono messi al primo posto. Non ha mai pensato solo a se stessa, ma sempre al benessere di tutte e tutti, contro l’individualismo, la solitudine e la violenza del sistema che ci opprime. La comunità in lotta è insieme a Giovanna. Se toccano una toccano tutti".
Parla il sindacato degli agenti
Dall'altra parte il sindacato di Polizia Siulp, spesso non troppo tenero con le direttive delle Istituzioni e comunque molto indipendente rispetto alle linee formali del Ministero, chiede di cambiare modalità: impossibile militarizzare i cantieri per tutta la durata del lavoro. Così i poliziotti:
"Un manipolo di soggetti che si sentono eroi (...) ma che in realtà sono delinquenti a cui non frega niente della legge, dello Stato e delle forze dell’ordine. Di questo passo diventerà interminabile l’impegno delle forze di polizia nei cantieri Tav, la spesa da sostenere da parte dello Stato e la mortificazione per lo Stato di diritto costantemente violato da gruppi antagonisti, professionisti del disordine, antidemocratici e soprattutto avversi allo Stato e alle sue articolazioni. Lo sviluppo economico di questo Paese attraverso le opere pubbliche strategiche è fondamentale per l’avvenire dei cittadini italiani e tuttavia è impensabile anche solo immaginare che per ogni cantiere strategicamente importante sia necessario un continuo dispositivo di forze dell’ordine a presidio delle costruzioni".
Spetta alla politica, dunque, trovare una soluzione. Ma la Tav potrebbe non essere in cima all'agenda dei nostri governanti in questi giorni.