Fiat Mirafiori Torino nel 1971 un milione di auto e 60mila lavoratori, oggi sono 11mila (e 85mila vetture): è allarme sociale
Tanti, troppi i motivi per non scendere in strada armati di ombrelli e mantelle contro la pioggia e con un particolare peso nel cuore: le recenti notizie sempre più scoraggianti su Mirafiori
La pioggia di ieri non ha impedito il corteo del Primo Maggio che ha attraversato Torino con un percorso diverso dal solito che ha tagliato fuori via Po a causa del cantiere per il rifacimento del manto stradale.
Un Primo Maggio di preoccupazione
Tanti, troppi i motivi per non scendere in strada con mantelle e ombrelli e - come se non bastassero gli allarmanti dati sulle morti bianche - con un particolare peso nel cuore: le recenti notizie sempre più scoraggianti sulla Fiat.
Ha colto il sentimento dei torinesi, qualche sera fa, il giornalista torinese Massimo Gramellini quando durante il suo monologo a La7 ha detto:
Sono nato e cresciuto a Torino, su un viale che tuttora si chiama corso Giovanni Agnelli, in onore del fondatore della Fiat. Corso Agnelli collega il centro della città con la fabbrica di Mirafiori e uno dei miei primi ricordi d’infanzia è legato allo sferragliare notturno del tram numero 10 che portava gli operai al lavoro. Dalle prime luci dell’alba non c’era più tregua: ogni dieci minuti ne passava uno. Ma lunedì prossimo quel tram rischia di viaggiare senza passeggeri perché i lavoratori della linea 500 sono stati mandati in cassa integrazione e la storica carrozzeria di Mirafiori è stata chiusa e forse riaprirà non prima di settembre.
La Fiat è una multinazionale che da tempo non gravita più sull’Italia, ma finché c’era Marchionne aveva perlomeno un italiano alla guida. Adesso decide tutto un portoghese che vive a Parigi, Tavares. Per lui Torino e l’Italia sono solo la provincia di un grande Impero.
Tanto tempo fa, Edoardo Agnelli, figlio dell’Avvocato, rilasciò un’intervista che fece scalpore, in cui ipotizzava che un giorno a Mirafiori si sarebbero coltivati i fiori. Non vorrei che fosse stato anche troppo ottimista, perché di questo passo, più che a una serra, Mirafiori rischia di assomigliare a un deserto.
Quale destino per Mirafiori e Torino?
Già, perché dopo la la notizia dei contratti di solidarietà fino ad agosto, qualche giorno fa è arrivata un'altra doccia fredda: la direzione aziendale della Carrozzeria di Mirafiori ha comunicato ai delegati sindacali che l’attività produttiva sarà sospesa per tutto il mese di maggio con la chiusura totale dello stabilimento.
Inizialmente i piani del colosso automobilistico prevedevano una produzione di almeno 100.000 unità l’anno di 500 elettrica.
Lo scarso appeal non solo della compatta torinese, ma in genere delle auto elettriche ha una conseguenza evidente: una domanda che è enormemente inferiore alle attese.
E i tempi che ricorda Gramellini (e non solo lui) sembrano sempre più lontani e irripetibili.
Da tempo i sindacati chiedono che Mirafiori venga utilizzata per la produzione di nuovi modelli, visto che la 500 non sfonda il mercato, sul tema si battono anche il governatore del Piemonte Alberto Cirio e il sindaco della Città di Torino Stefano Lo Russo.
Si uniscono a questo coro i presidenti di Unione Industriali, Api, Cna, Confartigianato, Casartigiani, Coldiretti, Confcooperative, Legacoop, Ascom, Confesercenti per un messaggio comune:
Uno stabilimento capace di produrre 200mila veicoli di sei modelli fino ai primi anni 2000, ma che nel 2019 ha toccato il suo minimo storico con sole 21 mila auto. In questi anni il Polo del lusso, con il brand Maserati, e la 500 elettrica non ne hanno invertito le sorti. Senza una programmazione e nel contesto di una multinazionale globale come Stellantis che ha spostato il suo centro decisionale da Torino a Parigi, Mirafiori rischia la marginalizzazione, entrando in aperta concorrenza con altri siti, dalla Polonia al Marocco alla Spagna
Allarme povertà
Inutile girarci intorno: un settore come quello dell'automotive sempre più in declino si traduce in povertà dell'intero territorio. La situazione è stata ben illustrata da Gianni Cortese, segretario generale Uil Piemonte:
Oggi temiamo per la sorte di altri lavoratori che, nei prossimi mesi, rischiano di ingrossare le fila dei disoccupati per le crisi aziendali in atto o in procinto di manifestarsi a cui si aggiunge l’esaurimento degli ammortizzatori sociali e l’impossibilità di agganciare il traguardo della pensione, reso sempre più difficile.
Primo Maggio senza incidenti
Nonostante i temi caldi, particolarmente sentiti a Torino e nonostante i recenti scontri per il G7 di Venaria, il corteo del Primo Maggio che quest'anno sfilava con lo slogan Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale si è svolto senza incidenti concludendosi in piazza San Carlo con l’intervento delle associazioni di categoria e di Giovanni Cortese della Uil Torino e Piemonte a nome di Cgil, Cisl e Uil.
Su tutto ha sempre dominato l’incognita dello spezzone sociale, formato dai collettivi universitari e dai militanti di Askatasuna. Anche per l’annuncio di domenica scorsa alla marcia contro il G7 ("non lasceremo il palco ai sindacati che ci hanno venduto ai padroni"). Ma l'unico "incidente" ha riguardato il Caval ‘d Borns, monumento simbolo della città nel cuore di Piazza San Carlo imbrattato di vernice rossa con la scritta "Palestina libera".