ora servono i ristori
Traditi dalla politica: la protesta del mondo dello sci a Bardonecchia
Un danno enorme a livello economico e simbolico e anche sull'apertura il 5 marzo ormai c'è scetticismo.

#SciAmoSicuri è questo l’hashtag che ha marchiato il flashmob di ieri pomeriggio a Bardonecchia.
La protesta a Bardonecchia
Intorno alle 16, la città si è fermata per tre minuti per scendere in piazza contro la decisione di prorogare la chiusura degli impianti sciistici. A manifestare c’erano residenti e turisti, insieme ai rappresentanti dell’amministrazione comunale, della società degli impianti Colomion, del consorzio turismo, delle scuole di sci e delle associazioni.
Il Comune di Bardonecchia si è dichiarato sdegnato per la mancata riapertura, una falsa speranza nutrita fino all’ultimo che ha un enorme costo economico e simbolico.
L’entità del danno
Per capire l’entità del danno basta immaginare la corsa in questi giorni per sparare la neve con i cannoni, il gasolio usato per alimentare il battipista e i frigoriferi riempiti a dovere in attesa di sciatori affamati (la vendita degli skipass aveva registrato il sold out in pochissimo tempo). Giovanni Brasso, presidente di Sestrieres spa ha stimato una perdita di 5 milioni di euro e sulla possibile apertura posticipata al 5 marzo rimane scettico.
Dalla agognata ripartenza ai ristori
Per quanto riguarda la montagna il tema quindi è decisamente cambiato: dalla agognata ripartenza ora tocca chiedere i ristori. E se da una parte la Regione prevede di stanziare subito 5,3 milioni di euro, dall’altra si attende che anche Roma faccia la sua parte. L’assessore regionale Maurizio Marrone sta anche verificando con l’avvocatura della Regione la possibilità di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori degli impianti, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni.
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