"Rebellion of One"

La protesta dei cartelli arriva in strada a Torino: attivisti anti "estinzione di massa"

Per denunciare l’inazione dei governi di fronte alla crisi climatica ed ecologica.

La protesta dei cartelli arriva in strada a Torino: attivisti anti "estinzione di massa"
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In occasione del summit mondiale del G7, che si è svolto in questi giorni in Inghilterra, attivisti di Extinction Rebellion si sono seduti in mezzo al traffico in diverse città del mondo per denunciare l’inazione dei governi di fronte alla crisi climatica ed ecologica.

Attivisti seduti da soli in mezzo al traffico di Torino

Sabato 12 giugno, nel pomeriggio, a Torino, 5 persone si sono sedute da sole in mezzo al traffico reggendo cartelli che esprimono le loro paure per le guerre, la fame e le catastrofi che l’umanità dovrà affrontare a causa della crisi climatica e del collasso degli ecosistemi. Nella mattinata, come racconta Prima Torino, già altri 3 attivisti si erano seduti in alcune piazze del centro città e dentro un supermercato.

La stessa forma di protesta ha avuto luogo anche a Firenze, Bologna, Padova e Trieste, ma anche in tantissime altre città al mondo.

"Rebellion of One"

La Rebellion of One, ovvero la Ribellione del Singolo, così come viene chiamata dagli attivisti, è una nuova forma di protesta in cui un singolo cittadino si siede da solo in mezzo al traffico, rallentandolo o bloccandolo del tutto.

“Sono terrorizzato dalla sesta estinzione di massa e dalla crisi climatica” recita il cartello che tiene Marco, ricercatore dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che si è seduto in mezzo al traffico di Piazza Vittorio, bloccandolo.

“Ho paura che si verificheranno altre pandemie a causa dell’emergenza climatica ed ecologica” ha scritto invece Dafne sul suo cartello, davanti alle macchine bloccate sul ponte Umberto I.

Emergenza climatica ed ecologica

Il focus dell’azione di sabato si è concentrato sul fallimento delle nazioni del G7 nel rispettare gli impegni climatici globali che hanno preso a Parigi nel 2015, e per sollecitare i leader che si sono riuniti a Carbis Bay in Cornovaglia proprio in questi giorni ad agire immediatamente per affrontare l'emergenza climatica ed ecologica in corso.

Dall’inizio della pandemia, nonostante gli impegni presi, i governi del G7 hanno dirottato oltre 189 miliardi di dollari di fondi pubblici nel sostegno di carbone, petrolio e gas, mentre l’energia pulita ha ricevuto solo 147 miliardi di dollari. Inoltre, nella maggior parte dei casi il denaro fornito alle industrie è stato concesso senza condizioni che vincolino le aziende a ridurre le proprie emissioni climalteranti. Sulla base delle politiche attuali, le temperature globali rischiano di aumentare di 2,6 °C entro il 2050. In questo scenario, i paesi del G7 perderebbero circa l'8,5% del PIL all'anno, l’equivalente di quasi due pandemie da Covid-19 ogni sei mesi.

Ogni giorno, l’umanità intera è testimone del peggioramento delle conseguenze della crisi climatica ed ecologica in tutto il mondo: i raccolti agricoli vanno perduti, inondazioni e incendi inghiottono città e villaggi, le persone affrontano un futuro sempre più incerto. Le nazioni del G7 sono tra le più inquinanti del mondo: rappresentano un decimo della popolazione mondiale ma sono responsabili di quasi un quarto delle emissioni di CO2. Le scelte che sono state discusse in questi giorni dai paesi del G7 saranno cruciali nel garantire una transizione verso un futuro sicuro per tutte le popolazioni del pianeta. Se così non sarà, tutti gli sforzi fatti finora saranno stati nulli e ci troveremo ad affrontare un catastrofico aumento della temperatura globale che metterà a rischio milioni di vite, l'economia mondiale e il mondo intero.

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