Firmato il protocollo

Glovo and co. accettano le regole, i rider: "Manca il salario minimo"

Finalmente le più grandi piattaforme di food delivery operanti in Italia hanno sottoscritto un protocollo volto ad assicurare la garanzia delle tutele previste dal d.lgs. n. 81/2008 ai rider.

Glovo and co. accettano le regole, i rider: "Manca il salario minimo"
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Finalmente i rider di Glovo Uber Eats Deliveroo e Just eat, dopo anni di lotte e manifestazioni, hanno ottenuto, come riporta Prima Milano,  l'impegno da parte delle multinazionali del food delivery a garantire a tutti gli addetti alle consegne gli obblighi di legge previsti per i lavoratori dipendenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Un buon risultato raggiunto

Grazie alle prescrizioni dettate il 24 febbraio 2021 dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Milano su attività delegata dalla Procura della Repubblica di Milano, ora finalmente le più grandi piattaforme di food delivery operanti in Italia, quindi anche a Torino, hanno sottoscritto un protocollo volto ad assicurare la garanzia delle tutele previste dal d.lgs. n. 81/2008 ai rider, che solo fino a pochi mesi fa sembrava impossibile e che non era affatto scontato, che anzi è stato a lungo in bilico e che non avrebbe mai potuto essere raggiunto attraverso un processo ordinario.

Gli obblighi assunti dalle multinazionali del delivery: grande successo per i rider

Documento di Valutazione dei Rischi

Le società hanno redatto un DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) nel quale hanno analizzato i fattori di rischio a cui vanno incontro i fattorini nello svolgimento delle loro mansioni ( incidenti stradali, movimentazione carichi, rischio polveri covid ecc..) individuando le misure idonee a fini di prevenzione e protezione.

- Hanno predisposto procedure operative di addestramento, formazione ed informazione sui rischi di lavoro ed anche sul corretto utilizzo delle attrezzature, che dovranno essere sempre idonee sia per la circolazione su strada che per il trasporto di cibo;

- Hanno programmato - ed in parte già completato - procedure per la consegna dei DPI valutati e previsti nel predetto DVR ( caschetto protettivo – guanti – giacca e pantaloni anti pioggia – abbigliamento ad alta visibilità – mascherine gel – ecc...) con modalità che comprovino l’effettiva ricezione.

L'azienda non fornisce il veicolo 

Non è imposto a ciascuna piattaforma di acquistare e consegnare ai propri rider l’attrezzatura (ossia il veicolo) da utilizzare durante l’attività: una decisione presa tenendo in considerazione: la libertà per il lavoratore di interrompere in ogni momento il rapporto contrattuale; l’assenza di ogni forma di esclusiva; l’opportunità di lasciare all’interessato (e non al datore di lavoro) libera scelta del mezzo da utilizzare (non solo biciclette, ma anche ciclomotori/motocicli o autoveicoli).

L'autodichiarazione di circolazione su un veicolo "sicuro"

Ciò che l'azienda dovrà fare è mettere in campo procedure che permettano di accertare che l’attrezzatura prescelta sia conforme alle prescrizioni vigenti e comunque “sicura”. Ma come?
Ci si è orientati nel senso di una sorta di “autodichiarazione”, da parte dei rider a cui, all’inizio di ogni giornata lavorativa, è richiesto di attestare la sussistenza dei requisiti minimi per la circolazione (es. presenza di luci funzionanti, impianto frenante efficiente, ecc.). A tal fine le società hanno implementato il software di gestione delle proprie piattaforme digitali, che prevedono che, prima di iniziare le consegne (ad ogni accesso e con dichiarazione valida non oltre le 24h), il singolo fattorino compili una serie di campi al fine di confermare la sussistenza di tutti i requisiti per la circolazione su strada. La mancata e corretta compilazione dei campi relativi la verifica dei mezzi impedisce al rider di accedere alla piattaforma e espletare le mansioni di consegna. L’accertata falsità nelle dichiarazioni costituisce valido motivo per interrompere la collaborazione e pregiudica la copertura assicurativa di eventuali infortuni sul lavoro.
Alcune piattaforme hanno inoltre messo a disposizione dei rider dei centri di assistenza specializzata, ove recarsi in caso di necessità di interventi di manutenzione sul veicolo utilizzato.
Sempre sotto questo profilo, le società hanno anche accolto l’indicazione dell’organo di vigilanza e della Procura della Repubblica ad elencare esattamente quali siano i mezzi consentiti, escludendo, in particolare, tutti i dispositivi di micromobilità elettrica, in primis i monopattini, in quanto per legge non utilizzabili per il trasporto di oggetti e quindi inidonei ex lege ad essere impiegate come attrezzature di lavoro destinate al trasporto merci (cfr. art. 75 decies legge n. 160/2019).

È stata infine recepita anche l’indicazione ad illustrare specificamente quali sono le norme previste dal Codice della Strada per le biciclette a pedalata assistita, in modo da evidenziare l’illegalità di alcuni veicoli al momento molto diffusi tra i ciclofattorini.

L'obbligo di visita medica

Con riguardo all’obbligo di sottoporre i rider a visita medica si tratta della visita finalizzata a valutare l’idoneità fisico-psichica del lavoratore alle mansioni lavorative affidate. Le società hanno individuato su tutto il territorio nazionale una serie di centri per la medicina del lavoro presso i quali i singoli rider potranno recarsi per sottoporsi alla visita. Ciascuno dei lavoratori riceverà una comunicazione via mail con l’elenco completo e potrà individuare quello che, a seconda del luogo in cui vive o lavora, riterrà più comodo, previa prenotazione. Le spese saranno a carico 3 delle piattaforme.
Visto l’elevato numero di soggetti coinvolti è stato fissato un termine di 120 giorni con scadenza il 23 marzo 2022, entro i quali i singoli lavoratori dovranno prenotare ed eseguire la visita nel centro da loro prescelto. Decorso tale termine, non potranno proseguire con l’attività lavorativa.

Il numero di lavoratori coinvolti

In questa maxi operazione di regolamentazione sono coinvolti quasi 20 mila rider, selezionati come quelli ancora attualmente attivi tra i circa 60 mila che erano stati individuati come lavoratori tra il 2017 ed il 2020.
Per individuare i rider che potevano ritenersi ancora attivi nel 2021, è stato necessario ricorrere, per analogia, ad un criterio applicabile ai lavoratori stagionali, in base al quale sono stati individuati, come destinatari, i lavoratori che in un anno solare (tra il 1° agosto 2020 ed il 1° agosto 2021), avessero effettivamente operato, per la singola piattaforma, almeno 50 consegne in almeno 50 giornate diverse.

10 milioni di euro di sanzione

Sotto il profilo sanzionatorio si è ritenuto che la soluzione giuridicamente più corretta fosse quella di considerare ciascuna delle singole violazioni contestate come condotta unitaria, senza moltiplicazione della sanzione per numero di lavoratori coinvolti, salvi i casi di specifiche aggravanti.

Questo implica che ciascun indagato dovrà corrispondere, al fine di ottenere la declaratoria di estinzione del reato, la somma di Euro 15.700 circa.

Va tuttavia rimarcato come, in considerazione del costo della visita medica, dei corsi di formazione, delle attività informative, della fornitura di DPI e, in alcuni casi, anche dei mezzi per procedere alle consegne (come sta ad es. facendo JUST EAT/TAKEAWAY), i costi di ottemperanza si aggirano tra i 400€ ed i 500 € per lavoratore, a cui vanno poi aggiunti i costi di redazione dei documenti tecnici e per l’implementazione dei software gestionali. Se ne può ricavare che il totale delle somme investite dalle società per la tutela della salute e la sicurezza dei rider interessati dalle prescrizioni impartite è attualmente quantificabile in una somma ragionevolmente pari a circa 10 milioni di Euro complessivi.

È legittimo e doveroso, peraltro, che analogo impegno economico sarà assunto verso tutti i rider che saranno impiegati in futuro.

Ma per i rider non basta

In merito al Protocollo appena narrato i rider non si ritengono soddisfatti. In un comunicato diffuso sui social e relativo all'impegno assunto dalle piattaforme di delivery commentano:

"Ciò non basta però a risanare le profonde storture che il delivery ha ampliamente conclamato e a regolamentare un settore che ha mostrato il suo essere strategico durante tutta l'emergenza sanitaria, scoprendo nei rider lavoratori di un servizio "essenziale".
Glovo, Deliveroo e Uber Eats continuano a spadroneggiare sui propri fattorini, tagliando paghe e rifiutandosi di allinearsi alla legge 128 che imponeva alle società di uscire dal cottimo con l'introduzione di un salario minimo garantito per tutti i corrieri.

Assodelivery in tutta risposta già nel 2020 ha firmato un accordo capestro con UGL (un sindacato non rappresentativo nel settore) che è ancora in essere nonostante diverse sentenze giudiziarie lo abbiano stralciato (Palermo, Bologna, Firenze) come irregolare, accordo che ha permesso alle multinazionali della consegna a domicilio, fino ad oggi, di raggirare la legge e di mantenere il cottimo puro, lasciando decine di migliaia di rider impiegati nel settore in preda alla precarietà più efferata.

Non neghiamo che un altro punto sia stato segnato nella nostra lotta verso il riconoscimento dei diritti dei rider, anche attraverso questo ulteriore passaggio istituzionale e l'iniziativa giudiziaria intrapresa dalla Procura di Milano, denunciamo però il fatto che per l'ennesima volta noi corrieri ci vediamo scorrere davanti agli occhi la promessa di ottenere un miglioramento tangibile senza poi riuscire a coglierlo realmente e fino in fondo come occasione di emancipazione collettiva."

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