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E venne il giorno del green pass

Dal 15 ottobre il certificato verde è obbligatorio nei luoghi di lavoro, pubblici e privati. L’Ordine provinciale di Torino ci spiega cosa prevede la disposizione, come attuarla e le eventuali sanzioni nei casi di infrazione

E venne il giorno del green pass
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Ci accingiamo a rispettare il nostro appuntamento mensile con i lettori, successivamente alla giornata battezzata del G-day ossia dell’introduzione del green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Ne deriva che, pur restando nei canoni del consueto perimetro informativo, non possiamo esimerci d’iniziare l’intervento con una riflessione relativamente a quanto accaduto nella giornata di venerdì 15 giugno. 

E venne il giorno del green pass

Infatti, forse ancora tutti emotivamente coinvolti dagli incidenti di piazza del sabato precedente, si temevano blocchi e disagi che fortunatamente non si sono verificati e, anzi, riteniamo si possa affermare che il Paese non si sia fermato, con una maggioranza silenziosa di 23 milioni di lavoratori che hanno dimostrato senso di responsabilità, prevalendo nettamente sui dissenzienti al di là della circostanza che l’attenzione dei media, per comprensibili ragioni d’impatto divulgativo verso chi manifesta, si è soprattutto concentrata su quest’ultimi. 

Ciò premesso, ancora premettendo che stiamo trattando di luoghi di lavoro e quindi siti in cui ci si reca non per piacere ma per necessità, ritorniamo nell’ambito di quanto entrato in vigore proprio da venerdì scorso, in applicazione del Decreto Legge del 21 settembre 2021 n. 127. 

Green pass sui luoghi di lavoro: come funziona

Nello specifico, nel periodo dal 15 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021, termine attuale di cessazione dello stato di emergenza correlato all’emergenza sanitaria da Covid-19, a chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato e pubblico è fatto obbligo, per accedere ai luoghi di lavoro in cui si effettua la prestazione, di possedere ed esibire su richiesta il green pass. 

La disposizione si applica anche a coloro che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi operativi, anche sulla base di contratti esterni, compreso l’ambito domestico. In osservanza dei nuovi obblighi e delle funzioni di datore di lavoro, entro il 15 ottobre 2021, gli stessi dovevano definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche del possesso di idonea certificazione da parte dei lavoratori.

Controlli e privacy

Il controllo deve essere effettuato all’ingresso, scenario di gran lunga preferibile, soprattutto nelle realtà che possono correlarlo a strumentazione elettronica già abitualmente in uso, oppure durante il regolare orario di servizio giornaliero, mentre il soggetto dedicato a svolgere l’accertamento può essere il titolare, un amministratore ovvero dipendenti appositamente delegati. 

Riguardo alla comprova dell’avvenuto adempimento il Garante della Privacy ha precisato che qualsiasi registro, cartaceo od informatico, dovrà essere compilato solo con il numero dei controlli svolti in una giornata e con i relativi esiti, permanendo tuttavia il dubbio della possibilità di annotare il nome della persona verificata. In altri termini il datore di lavoro dovrà dimostrare, in caso di accertamento da parte dei soggetti preposti alla vigilanza di aver adottato le corrette modalità per l’organizzazione delle verifiche assicurando che ai soggetti, in quel momento presenti in azienda, sia stata controllata la validità del green pass. 

Nel caso in cui i lavoratori abbiano comunicato di non essere in possesso del green pass o siano privi della stessa al momento dell’accesso al luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto. Per il periodo di assenza ingiustificata non sono dovuti né la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.

Infrazioni e sanzioni

Fatta salva qualsiasi rispettabile scelta individuale e le debite conseguenze, si pone lo spiacevole caso del lavoratore che s’introduce comunque sul luogo di lavoro e successivamente viene sorpreso sprovvisto d’idonea certificazione; in tale eventualità il datore di lavoro deve effettuare una segnalazione alla Prefettura ai fini dell'applicazione della sanzione amministrativa nella misura da 600 a 1.500 euro a cui si aggiungerà l’avvio della procedura disciplinare prevista dai contratti collettivi di settore.

Se invece l’infrazione è riconducibile al datore di lavoro, in riferimento al mancato rispetto delle regole di controllo, la sanzione amministrativa sarà comminata, nella misura da 400 a 1.000 euro, da Asl ed Ispettori del lavoro. 

Ci avviamo a concludere soffermandoci ancora su un duplice aspetto tra i molteplici ancora nebulosi. Il primo riguarda le aziende che per libera scelta hanno deciso di rimborsare il costo del tampone ai collaboratori: poiché il green pass è titolo abilitante per poter accedere all’attività lavorativa non diventa percorribile una alternativa a considerarlo quale fringe benefit e, pertanto, tassato in capo al dipendente. Il secondo concerne la sfera domestica ed in particolare il delicatissimo universo delle badanti, soprattutto se conviventi ed extracomunitarie, spesso irregolari ma unica possibilità delle famiglie per far fronte alla malattia della persona anziana assistita che, notoriamente, non conosce orari di apertura e chiusura, rendendo di fatto inapplicabile l’obbligo di legge. 

Cartelle esattoriali, stralcio dei debiti fino a 5.000 euro: facciamo il punto

In dirittura di arrivo la nuova definizione dei carichi di importo ridotto affidati alla riscossione (cosiddetto stralcio dei debiti fino a 5.000 euro), introdotta dall’art. 4 del Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. Decreto Sostegni), dopo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze con decreto del 14 luglio 2021, è intervenuto a stabilire  termini e modalità di annullamento automatico dei debiti, del relativo discarico e della conseguente eliminazione dalle scritture patrimoniali degli enti creditori.

La normativa in esame dispone l’annullamento automatico di tutti i debiti di importo residuo alla data del 23 marzo 2021, fino a 5.000 euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. 

I debiti oggetto di stralcio

I debiti che possono essere oggetto di stralcio devono riferirsi ai soggetti che hanno percepito nell’anno d’imposta 2019, o in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi fino a 30.000.

Il limite di 5.000 euro non è determinato con riferimento all’importo complessivo della cartella di pagamento, bensì in relazione agli importi dei singoli carichi contenuti nella stessa. Da un punto di vista temporale, considerato che il dispositivo fa riferimento a debiti di importo “residuo” alla data del 23 marzo 2021, rientrano anche i carichi di importo originario superiore a 5.000,00 euro, ma che, ad esempio, a seguito di un provvedimento di sgravio o di un pagamento parziale, anche in attuazione di definizioni agevolate, alla predetta data risultino al di sotto della soglia dei 5.000 euro. 

Per individuare i carichi definibili occorre, poi, effettuare l’abbinamento non alla data di notifica della cartella di pagamento, ma alla data – antecedente – di affidamento del carico all’Agente della Riscossione.

E’ possibile verificare se i debiti ammessi alle definizioni agevolate possono essere potenzialmente oggetto di stralcio tramite la procedura operativa presente sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Nello specifico si tratta di un servizio che controlla esclusivamente la presenza o meno di debiti aventi i requisiti precedentemente rappresentati, non essendosi ancora perfezionato l’effettivo annullamento, che si concretizzerà solo dopo la verifica del limite reddituale da parte degli enti competenti. 

Tempi e modalità operative

Da un punto di vista prettamente procedurale, nello scorso mese di agosto l’Agente della Riscossione ha trasmesso all’Agenzia delle Entrate l’elenco dei codici fiscali, presenti nel proprio sistema informativo alla data del 23 marzo 2021, dei soggetti aventi uno o più debiti di importo residuo fino a 5.000 euro. A seguire, ed entro il 30 settembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha restituito al mittente l’elenco dei codici fiscali, dei soggetti che risultavano avere conseguito redditi imponibili superiori ai limiti normativamente previsti per i quali, pertanto, non si procederà all’annullamento dei debiti.

L’ultima fase operativa riguarda l’annullamento dei debiti per i soggetti i cui codici fiscali non sono stati segnalati dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti oggetto di stralcio si intendono tutti automaticamente cancellati in data 31 ottobre 2021. 

Il contribuente non dovrà attivarsi per ottenere l’annullamento poiché l’Agente della Riscossione provvederà in autonomia allo stralcio, senza inviare alcuna comunicazione al contribuente, che può, tuttavia, verificare l’intervenuta eliminazione dei debiti attraverso la consultazione della propria situazione, da richiedere con le modalità rese disponibili dall’Agente della Riscossione.

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