Vizio totale di mente: assolto l'omicida di Emilio Mazzoleni, il figlio: "Digerire questo schifo è impossibile"
"Dal giorno zero mi son sentito dire che non posso arrabbiarmi con chi ti ha letteralmente massacrato senza pietà"
Assolto in quanto non imputabile per vizio totale di mente Marco Gilioli, il 37enne che ha confessato di avere ucciso il vicino di casa Emilio Mazzoleni a Giaveno, il 30 settembre 2023.
È la sentenza di primo grado della Corte di assise di Torino, che prevede per l'uomo il ricovero per dieci anni in una struttura sanitaria. Gilioli aveva detto di avere ucciso perché infastidito dal cane che stava abbaiando: l'uomo, affetto da problemi psichici, ha prima sgozzato l'animale del vicino, e poi ha ucciso Mazzoleni colpendolo alla testa con una sedia.
I fatti
Ripercorriamo i fatti di quel 30 settembre 2023 quando Emilio Mazzoleni, 71 anni, viene trovato brutalmente ucciso nella sua abitazione in borgata Minietti a Giaveno.
Da ore la sua compagna sta provando a contattarlo telefonicamente, non riuscendoci chiede aiuto. Emilio viene purtroppo trovato morto in casa.
Il cadavere presenta segni evidenti di fratture alla testa.
Le indagini, condotte dai carabinieri, portano subito all'arresto di Marco Gilioli, il vicino di casa, 36enne, della vittima.
Secondo alcune testimonianze raccolte in paese, Gilioli e Mazzoleni avevano una relazione ambivalente: si frequentavano, giocando insieme a bocce, ma erano spesso anche autori di frequenti litigi.
Il 36enne soffriva da tempo problemi psichiatrici ed era stato sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori (Tso), l'ultimo dei quali a giugno di quest'anno. Emilio Mazzoleni, era descritto da chi lo conosceva come una persona socievole e amante della compagnia.
Ucciso perché Pluto abbaiava
Nella notte tra sabato e domenica Gilioli, disturbato dal cane di Mazzoleni, Pluto, ha preso un coltello, è sceso in cortile e ha sgozzato l'animale. Poi si è avventato sul pensionato. Una confessione confusa in cui il 36enne riferisce anche di aver agito sotto l'impulso di forze interiori e spirituali arrivando ad affermare che fosse arrivata "l'ora della purificazione".
La relatività perfetta: il libro di Marco Gilioli
Il disagio di Gilioli non era un aspetto nascosto, anzi, sulla sua condizione il 36enne aveva scritto un libro intitolato La relatività perfetta pubblicato nel 2022.
Nella prefazione del saggio si legge:
Marco Gilioli è nato a Moncalieri, provincia di Torino, l’11 novembre 1987.
Dopo aver conseguito la maturità al liceo scientifico “Ettore Majorana” e aver preso un anno sabbatico in cui sono state fatte alcune esperienze lavorative, nel 2007, si iscrive alla facoltà di Scienze infermieristiche di Torino.
Sin da subito nota che qualcosa disturba la sua coscienza e, dopo aver svolto nell’arco di due anni vari tirocini negli ospedali della provincia di Torino, interrompe amareggiato la carriera.
La sua forza di volontà lo conduce in seguito a provare un’altra strada, sempre nel mondo universitario.
Nel luglio del 2015 riesce a laurearsi alla facoltà di Scienze e tecnologie agrarie di Grugliasco col punteggio di 90/100, nonostante le rilevanti pressioni delle proprie circostanze vitali lo trascinino a subire il primo T.s.o.Nell’arco dei sei anni successivi, tra un T.s.o. e l’altro, intraprende la vita da wwoofer, iscrivendosi all’associazione “wwoof Italia” (vitto e alloggio in cambio di manodopera).
Infine, una serie di eventi lo catapultano per strada in cui, svolgendo la vita di “cittadino senza fissa dimora” e staccandosi temporaneamente dai familiari, matura e porta alla luce il suo manoscritto.
Una vita riassunta in poche righe, in cui emergono luci ed ombre, la laurea e i tentativi di integrazione nella società e poi la decisione di vivere defilato, come un clochard, fino a quando il disagio mentale risucchia Gilioli, eppure anche in quel momento, lui decide di aprirsi, di raccontarsi agli altri: una biografia breve, visto la giovane età, ma il cui finale purtroppo è il peggiore che si potesse mai scrivere.
La lettera del figlio
Ma c'è qualcun altro che ha affidato alla penna i suoi pensieri ed è il figlio di Emilio il quale ha espresso tutta la sua sua amarezza per la scelta della Corte d'assise in una lettera al padre e inviata anche al quotidiano La Stampa, qui ve ne proponiamo un estratto:
"Dal giorno zero mi son sentito dire che non posso arrabbiarmi con chi ti ha letteralmente massacrato senza pietà, in quanto affetto da una malattia gravissima dalla quale non si può guarire. In questo caso diagnosticata da anni.
Non posso prendermela con chi teoricamente avrebbe le competenze e la capacità di poter “arginare” questa malattia prevenendo certi orrori perché si tratta di un campo troppo complicato… e comunque non ci sono i mezzi, non ci sono le risorse.
Mi sono sentito dire - aggiunge - anche che la cosa migliore sarebbe stata che tu te ne fossi andato di lì… Sicuramente sarebbe stato efficace. Ma penso che se un uomo che viveva pacificamente in un luogo da quasi 27 anni avesse come unica via di salvezza quella di abbandonare la propria casa, questo dovrebbe far riflettere.
In un altro passaggio, scrive: "Per noi che siamo ancora qui, voltare pagina ed accettare questa collettiva non colpevolezza è un po’ più dura. Digerire questo schifo è impossibile."