ThyssenKrupp, arrestato dopo 16 anni Harald Espenhahn
Rosina Platì, madre di Giuseppe De Masi: “E' una magra vittoria, amara"
E' stato finalmente arrestato alcuni giorni fa, in Germania, Harald Espenhahn, il manager della ThyssenKrupp, dopo ben 16 anni dal tragico rogo avvenuto nella lontana notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 nell'impianto di corso Regina a Torino, che costò la vita a ben 7 operai (Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi),
La pena
Espenhahn dovrà scontare 5 anni di carcere per omicidio colposo. Fino ad oggi non aveva ancora fatto neanche un giorno dietro alle sbarre, nonostante il tribunale di Hamm avesse confermato la sentenza italiana nel febbraio 2020. L'altro manager condannato, Gerald Priegnitz, sta scontando la pena in regime di semilibertà.
Rosina Platì, madre di Giuseppe De Masi, una delle vittime, definisce a "LaPresse":
“E' una magra vittoria, amara. Quando è arrivata la notizia quasi non ci credevo. Abbiamo aspettato così tanto. Io non perdonerò mai, nemmeno in punto di morte. Dico la verità: abbiamo aspettato così tanto che non sembra vero, ma più che altro adesso potrà provare cosa significa essere recluso. Non sono contenta, sarebbe falso dirlo, ma è piccolissima vittoria”.
Chiara Appendino, M5s:
"Finalmente un minimo di giustizia per i morti della ThyssenKrupp. La tragedia del 6 dicembre 2007 ha segnato un prima e un dopo per le 7 vittime e i loro cari ma anche per tutta Torino. In questi giorni, finalmente l’amministratore delegato Harald Espenhahn sta iniziando a scontare la sua pena: un giorno che aspettavamo da troppi anni. Un abbraccio alle famiglie che non hanno mai smesso di battersi per la giustizia".
Antonio Boccuzzi, uno degli operai rimasto ferito, sulla sua bacheca Facebook:
"I tempi nella giustizia sono fondamentali. Sia nel corso del processo che nell'esecuzione della sentenza. Il 13 maggio 2016 si è chiuso in Cassazione il processo Thyssen. Tutti condannati gli imputati. Solo gli italiani però varcano la soglia del carcere il mattino successivo alla sentenza. I tedeschi continuano a fare quello che facevano prima, come nulla fosse; più forti della giustizia e dello Stato in cui sembrava giustizia si fosse compiuta.
Giustizia, già ...
Una parola affascinante che da idea di equilibrio, di equo risarcimento. Quando muoiono in maniera drammatica sette persone nulla può essere equo o avvicinarsi lontanamente al giusto. Quel pomeriggio di sette anni fa in Cassazione scoprimmo che la giustizia si ferma davanti ai confini tra paesi anche vicini. 10 anni di reclusione riconosciuti nel lungo processo di Torino in Germania ne valgono al massimo 5 ma devono essere comunque confermati e questo richiede tempo. Il tempo quando hai un traguardo da raggiungere deve diventare tuo malgrado il tuo alleato. Pensi che sarà il solito anno che abbiamo trascorso da un grado all'altro (5 gradi è durato il nostro processo). Passa un anno, ne passano due, ne passano molti. Passano i governi, passano i ministri della giustizia, passano le parole di circostanza. Quello che non passa sono rabbia e dolore per una ferita che non si rimarginerá mai ma che potrebbe fare un pó meno male se tutti gli imputati, tedeschi compresi, scontassero la loro pena. Ogni giorno il senso di giustizia e la fiducia nella stessa vengono messi a dura prova. Non abbiamo mai perso quel barlume di fiducia che ci ha spinto sempre a lottare a non pensare che a vincere siano sempre i potenti prepotenti ma che questa volta sarebbe stato diverso. Lo dovevamo a noi, ai nostri cari e a tutti coloro che perdono la vita lavorando. Ora dopo 5726 giorni il signor Harald Hesphenhann dopo tanto correre, scappare dalla giustizia ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta e solamente l'unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo rimandato. Certo, quei 5 anni saranno ulteriormente ridimensionati, lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e questo non ce lo porta via nessuno. Un grazie di cuore a Cristina Giordano che dalla Germania ci ha tenuti costantemente aggiornati di quanto è accaduto".