Si finge agente dell'FBI per adescare minorenni: in manette 20enne di Torino
Ha agito impunemente per mesi fino a compiere un passo falso: contattare un ragazzo molto più grande delle sue giovani vittime
Aveva inventato una vera e propria organizzazione militare Ivan Rosina, 20 anni di Torino, e utilizzava la sua posizione di potere, per fare leva sui dei ragazzini molto più piccoli di lui, di soli 13-14 anni, disposti a tutto pur di sentirsi grandi.
7 anni di carcere per il finto agente dell'FBI
Le pressioni psicologiche sui minorenni irretiti erano pesantissime tanto che il gip nell'ordinanza con cui ha disposto la custodia in carcere scrive:
"è riuscito a sopraffare psicologicamente gli altri tanto da provocarne l’isolamento sociale, indispensabile per agire nell’impunità"
Ieri, 1°luglio 2024, il giovane è stato condannato a 7 anni di carcere per violenza sessuale aggravata, estorsione, usurpazione di funzioni pubbliche e possesso di distintivi contraffatti nel giudizio abbreviato.
Non solo: dovrà versare 40 mila euro di provvisionale a ciascuna delle tre vittime costituite parte civile più 10mila euro a ogni famiglia.
Le indagini
I fatti risalgono al 2023 e durano mesi, mesi in cui Rosina agisce indisturbato fino al passo falso: coinvolgere un ragazzo maggiorenne nella sua rete. Proprio questa "new entry" raccoglie le confidenze di uno dei ragazzini dell'organizzazione sollevando il velo su una situazione di estrema gravità: il ragazzino, proprio come gli altri, viene abusato quasi quotidianamente con i peggior pretesti tra cui avanzamenti di carriera e sanzioni disciplinari.
A questo punto viene immediatamente avvisata la polizia che procede alla perquisizione dell'abitazione del giovane dove vengono ritrovati distintivi, lampeggianti, fucili softair, radioline e manette.
Tutti strumenti che Ivan Rosina utilizzava per la sua recita trascinando le sue reclute, semplici adolescenti adescati sul web, in giro per la città per effettuare finti sopralluoghi e perquisizioni.
Turni notturni e prove di coraggio
La vita dei poco più che bambini che seguivano il programma di addestramento di Rosina era scandita non solo da servizi notturni, ma anche da addestramenti in fabbriche abbandonate dove i ragazzini si esercitavano a sparare e anche le ferie non erano un "gioco": un giorno di riposo a settimana e se un allievo era assente doveva pagare il capo.
Se non soddisfatto, per un mancato pagamento o per una prestazione ritenuta insufficiente, si passava alle punizioni corporali che consistevano in violenze sessuali proposte ai ragazzini come "prove di coraggio".
Il clima di terrore veniva amplificato dalle continue minacce estese anche alle famiglie delle vittime.