TORINO

Riders di Glovo vincono in Appello: sono lavoratori subordinati

Nella sentenza del 13 gennaio la Corte di Torino si era espressa negativamente sulla natura discriminatoria dell'algoritmo

Riders di Glovo vincono in Appello: sono lavoratori subordinati
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I lavoratori di Glovo sono "subordinati". Lo ha confermato la Corte d'Appello di Torino, nella giornata di ieri, 5 giugno 2023, respingendo il ricorso della società "Foodinho", e quindi confermando la sentenza di primo grado dello scorso 13 gennaio 2023.

La causa

8 lavoratori ciclofattorini avevano presentato un ricorso chiedendo di essere riconosciuti come "lavoratori subordinati". In primo grado i giudici di Torino avevano riconosciuto il lavoro come subordinato, con:

  • il riconoscimento della subordinazione del lavoro dei rider con l'annesso pagamento delle differenze salariali calcolate in base all'orario di lavoro effettivo (da quando si accede all'app a quando ci si scollega);
  • la mancata tutela della sicurezza dei propri lavoratori;
  • la mancata trasparenza dell'algoritmo e la conseguente natura discriminatoria dello stesso verso i rider che si organizzano e scioperano.

Usb: " Nonostante le senze vinte le aziende di delivery si ostinano ad assumere i lavoratori con contratti da finti autonomi"

"Infatti, nonostante le molte sentenze vinte, ancora le aziende di delivery si ostinano ad assumere i lavoratori con contratti da finti autonomi (non va molto meglio in termini di salario e sicurezza ai rider contrattualizzati con gli accordi peggiorativi tra Cgil-Cisl-Uil e Just Eat). Nascondendosi dietro a questa presunta autonomia del lavoro dei rider le aziende - spiegava a gennaio l'Usb - non si preoccupano affatto della sicurezza dei lavoratori. Sotto questo aspetto mancano tutte le tutele: dalle visite mediche prima e durante il periodo lavorativo alla dotazione dei mezzi di sicurezza, come il casco, dei mezzi stessi e della loro manutenzione. Ma l'attacco alla salute e alla sicurezza dei rider non finisce qui, è ancora più subdolo: il funzionamento dell'algoritmo crea un circolo vizioso per cui più consegne fai più turni di lavoro puoi prenotare. Questa pazza corsa a cui sono costretti i rider per guadagnare due briciole li porta ogni giorno a rischiare la vita. Per questo nella sentenza si richiedeva anche il risarcimento del danno inflitto ai rider legato al rischio di infortunio e di morte a cui quotidianamente sono sottoposti. Ed è ancora più amara la decisione del tribunale di Torino di respingere questa richiesta, perché avviene proprio nello stesso giorno in cui arriva la notizia dell’ennesimo incidente a danno di un rider al lavoro, che è stato investito domenica sera nell’area metropolitana di Milano, con la conseguente amputazione di parte di una gamba. La Corte di Torino si è espressa negativamente anche sulla natura discriminatoria dell'algoritmo che regola il funzionamento sopra descritto. Chi contro questo sistema di moderna schiavitù vuole organizzarsi e scioperare continua a trovarsi davanti al ricatto dell'abbassamento del punteggio dell'algoritmo - e di conseguenza della possibilità di prenotare i turni per poter lavorare - che incide non sulla giornata di sciopero, ma si proietta sui giorni a venire, causando ovviamente gravi perdite economiche a lavoratori già estremamente sottopagati. In questo si vede il tentativo cosciente di rendere la lotta per i propri diritti materialmente insostenibile per la maggior parte dei rider, attraverso il dispositivo dell’algoritmo che ha la precisa funzione di oscurare le responsabilità e i fini di chi lo programma - le aziende di food delivery - dietro a una supposta neutralità della tecnologia".

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