Rapporto sessuale con un ragazzino, parla l'avvocato dell'educatrice 38enne condannata a cinque anni
Il legale dell'imputata ricorrerà in Cassazione: "La mia cliente si professa innocente. Le frasi esibite come prova sono del tutto de-contestualizzate".
Pena ridotta per l'educatrice accusata di aver intrattenuto una relazione sessuale con il ragazzino 13enne che doveva seguire. La donna, 38 anni, ha sempre negato fermamente ogni addebito e nei giorni scorsi è arrivata la sentenza del Tribunale.
Da 8 a 5 anni di carcere
La Corte d'Appello di Torino ha stabilito in cinque anni di reclusione la pena, riducendo così notevolmente gli otto anni inflitti in primo grado. Ma i legali dell'educatrice, seppur soddisfatti, non si accontentano ed annunciano ricorso in Cassazione. Così l'avvocato Pasquale Ciricosta:
"Una sentenza ridotta da otto a cinque anni è sicuramente una vittoria per la difesa. Presenteremo comunque ricorso perché la mia cliente assicura di non avere mai avuto rapporti sessuali con il minore. La Cassazione chiarirà definitivamente questa torbida vicenda. Penso che entro un anno circa a partire da adesso potremo arrivare alla conclusione".
Tutto inizia in una famiglia disagiata di italiani: tre figli piccoli (due femmine e un maschio) maltrattati dai genitori.
Le violenze in famiglia
Le autorità intervengono e tolgono i minori da quella brutta situazione di violenza domestica, avviando un'indagine penale sul comportamento dei genitori. Che vengono condannati. I ragazzini sono quindi trasferiti in una comunità protetta di Torino città, dove il protagonista della vicenda conosce l'educatrice 38enne accusata. Fra loro si instaura un rapporto di fiducia e pian piano la donna va oltre il semplice contatto lavorativo. Si sviluppa dell'affetto, che la stessa accusata definisce di tipo materno. I due si scambiano messaggi su Instagram, che diventeranno poi prove processuali a carico. A questo proposito l'avvocato Ciricosta precisa:
"Quei messaggi sono stati del tutto de-contestualizzati. Invece bisogna inserirli in un dialogo, in un rapporto umano in evoluzione. Se io pronuncio la frase TI VOGLIO BENE e la dico a un amico, in tempi di difficoltà, può essere una testimonianza di solidarietà o di vicinanza. Se la stessa frase la pronuncio con la mia fidanzata, assume un valore sentimentale. Ancora cambia se dico la stessa cosa a un figlio...".
Deciderà la Cassazione
Insomma la vicenda dell'educatrice che avrebbe avuto rapporti sessuale con un ragazzino andrebbe letta meglio. Fatto sta che il minore viene in seguito trasferito da quella comunità in un'altra. Ma la donna continua a intrattenere un legame di forte amicizia (affettivo?) con lui: lo va a prendere, ci trascorre del tempo, lo porta in giro, anche a casa propria. Lei conviveva con un fidanzato, sempre assente quando portava a casa il minorenne. Qui, secondo l'accusa, si sarebbero svolti i contestati rapporti sessuali. Il racconto dell'accaduto è stato fatto per la prima volta dallo stesso ragazzino durante una conversazione con un'amichetta in comunità.
Un altro educatore ha involontariamente sentito tutto e si è rivolto al direttore. Da qui la trafila con conseguente esposto in Procura. La vicenda processuale è giunta quindi al secondo grado di giudizio: in Appello la pena prevista è di 5 anni. Toccherà ora alla Cassazione decidere, ma la Corte suprema non potrà intervenire sul fatto in sé (la colpevolezza o meno) bensì solo su eventuali vizi di procedura o errori giudiziari commessi da giudici e Pm nel corso dell'indagine.