Non fu legittima difesa, Nino Capaldo condannato a 20 anni per l'omicidio di Massimo Lodeserto
Lo ha stabilito questa mattina, 14 gennaio 2025, il gup di Torino
Una lite per denaro, sarebbe questo il motivo che ha spinto Nino Capaldo, ex killer della Camorra pentito diventato collaboratore di giustizia, a uccidere a martellate l'amico Massimo Lodeserto (foto in copertina). Lo ha stabilito questa mattina, 14 gennaio 2025, il gup di Torino, condannando a vent'anni di carcere l’unico imputato per l'omicidio, che ha scelto il rito abbreviato.
I fatti
Il 4 dicembre 2023 veniva trovato nella cantina di un palazzo in via San Massimo 33 a Torino il corpo senza vita del 58enne Massimo Lodeserto.
L’uomo, scomparso dal 30 agosto, era stato ucciso con martellate alla testa e almeno due coltellate alla schiena.
Nelle settimane precedenti, la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa rivolgendosi anche alla trasmissione Chi l'ha visto? di Rai3. A seguito degli accertamenti sul cadavere, gli investigatori avevano fermato Capaldo, che nel palazzo di via San Massimo stava scontando ai domiciliari una condanna definitiva per un omicidio commesso a Mondragone (Caserta).
Il movente del delitto
La vittima aveva gestito, insieme alla sua ex compagna, un’impresa di pulizie; dopo la chiusura dell’attività, la donna avrebbe iniziato un rapporto lavorativo con Nino Capaldo.
Secondo la ricostruzione della Procura, l’ex di Lodeserto avrebbe iniziato a frequentare Capaldo e a parlargli di 100mila euro che la vittima avrebbe distratto dall'impresa di pulizie che gestivano insieme.
Capaldo avrebbe provato a recuperare i soldi fino al 30 agosto, data dell'omicidio a colpi di martello. In quell'occasione Lodeserto si sarebbe presentato in via San Massimo con una pistola giocattolo per intimidire l'interlocutore. Proprio questa circostanza è stata invocata dall'avvocato difensore Gianluca Orlando per far valere la legittima difesa oggi esclusa dal Gup.
40mila euro ai familiari della vittima
Presenti al processo i familiari della vittima (due fratelli e una sorella), costituiti parti civili con gli avvocati Roberto Saraniti ed Enrica Di Paola. Per loro è stata riconosciuta la provvisionale di 120 mila euro (40 mila ciascuno).
Si è costituita anche l’associazione Penelope (Associazione Nazionale delle Famiglie e degli Amici delle Persone Scomparse), rappresentata dall’avvocato Benito Capellupo.