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La storia si ripete: disordini e incendi al CPR di Torino come nel 2023

Al momento all'interno si trovano 60 trattenuti e con le stanze danneggiate non possono esserne accolti altri

La storia si ripete: disordini e incendi al CPR di Torino come nel 2023
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Nella notte tra mercoledì, 30 aprile, e giovedì, primo maggio, al CPR di corso Brunelleschi, Torino, è scattata una rivolta con scene molto simili a quelle del 2023, quando la struttura fu talmente danneggiata da obbligare il ministero dell'Interno a chiudere.

Nuove tensioni al CPR di Torino

A poco più di un mese dalla sua riapertura, dopo i lavori di ristrutturazione, la storia si ripete con diverse aree che risultano inagibili dopo che materassi e altri oggetti sono stati alle fiamme. Durante la rivolta ci sarebbero anche stati tentativi di gesti autolesionistici con due trattenuti che avrebbero minacciato di ingoiare delle pile. Fuori i cori dei centri sociali per far sentire la propria vicinanza agli ospiti della struttura.

Al momento all'interno si trovano 60 trattenuti e con le stanze danneggiate non possono esserne accolti altri.

Fatti che riportano all'attenzione dell'opinione pubblica una spaccatura che vede da una parte governo e forze della maggioranza continuare a sostenere la riapertura del centro del rimpatrio e dall'altra le forze politiche d'opposizione, ma anche lo stesso Comune di Torino che è sempre stato contrario alla presenza del CPR in città.

Diverse poi le denunce da parte delle Ong impegnate a sottolineare la "disumanità" di queste strutture.
Una su tutte Amnesty International che sul tema ha in passato dichiarato:

“La Prefettura, con la complicità delle aziende, vuole ricostruire e riaprire il centro: ma noi non staremo a guardare, perché i Cpr sono luoghi di tortura e di privazione della libertà e dei diritti. Sono dispositivi di controllo volti a marginalizzare e criminalizzare le persone migranti senza documenti europei. Ci dicono che così rendono sicure le nostre strade, ma la  nostra idea di sicurezza sono strade ripulite dal securatismo. Dalla sorveglianza costante, dalla Polizia che esercita un potere arbitrario, violento e razzista."

Sui gravi fatti accaduti si è poi espresso anche il Sindacato Italiano Autonomo Finanzieri che in nota stampa sottolinea l'inadeguatezza delle strutture:

Il SIAF ha appreso da Colleghi che rappresenta e dai mass media della rivolta che ieri sera è scoppiata all’interno del CPR di Torino, con gli ospiti del centro che hanno aggredito le squadre di Baschi Verdi in servizio di O.P. per garantire la normale funzionalità della struttura.

Durante le gravi e violente aggressioni verbali e fisiche sono stati riportati vari danni agli equipaggiamenti in dotazione e solo la casualità ha evitato che il personale del Corpo, peraltro anche preso di mira da lanci di liquidi organici e da oggetti contundenti che hanno procurato la rottura di caschi di protezione, abbia riportato serie lesioni personali.

Quello che lascia basiti e sul quale bisogna fare una profonda riflessione ed intervenire al più presto, è il pressoché stato di inerzia che spesso i Colleghi sono costretti ad attuare, nonostante le gravi aggressioni violenze, subendo passivamente, senza reagire, e fungendo da ammortizzatori sociali e da destinatari di forme di frustrazioni inaudite.

Peraltro, i Colleghi, nonostante, il caos dovuto anche all’incendio doloso propagatosi in un’ala della struttura e le continue e violente azioni subite, hanno impedito che venissero portati a compimento gravissimi atti di autolesionismo, salvando letteralmente la vita a più persone.

Questi ennesimi accadimenti, che sono comuni a molti centri di permanenza per stranieri (CPR, CARA, CPS) e frequentemente ricorrenti anche in altre realtà (le settimane scorse i colleghi del CPR di Gradisca d'Isonzo hanno subito lo stesso trattamento) dimostrano come il sistema di accoglienza vada assolutamente rivisto e ottimizzato, il numero dei componenti le squadre di Forze dell’ordine implementate, nonché definite regole d’ingaggio precise.

I Centri di Permanenza per il rimpatrio e il governo Meloni

La riapertura del Cpr fa parte della strategia messa in campo dal governo Meloni per arginare il problema dell'immigrazione clandestina e prevede un potenziamento dei centri (arrivando all'apertura di un centro per regione) e all'aumento dei mesi di trattenimento nelle strutture.

I Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) nascono come "luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione". Cioè sono dei luoghi di detenzione per tutti coloro i quali entrano illegalmente in Italia e non hanno diritto all’asilo o alla protezione internazionale (per i quali, invece, è prevista la rete di accoglienza in attesa della definizione della domanda).

Con il decreto Cutro, in realtà, è stata aperta la possibilità del trattenimento del richiedente asilo durante la procedura accelerata di esame della domanda di asilo presentata alla frontiera al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato.

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