TORINO

Finalmente in cella il boss della 'Ndrangheta liberato due anni fa per un cavillo

Per lungo tempo è stato protetto da documenti falsi che gli hanno permesso di passare ovunque inosservato.

Finalmente in cella il boss della 'Ndrangheta liberato due anni fa per un cavillo
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E' finita, dopo due anni, in Spagna, la latitanza del boss della 'Ndrangheta, Vincenzo Raso che in passato ha messo le radici nel Torinese. A individuarlo la stradale di Castelldefels (piccolo paese della Catalogna, vicino all'aeroporto di Barcellona), che nella serata di martedì, 21 giugno 2022, lo ha fermato ad un normale posto di blocco.

Protetto da falsi documenti

Per lungo tempo è stato protetto da documenti falsi che gli hanno permesso di passare ovunque inosservato. Al posto di blocco l'uomo ha dato i documenti ma il suo atteggiamento nervoso ha insospettito gli agenti che hanno fatto ulteriori controlli.

Appena inserite nel sistema le sue impronte digitali, il dispositivo elettronico ha segnalato che l'uomo è stato identificato come pericoloso latitante con all'attivo condanne e ordini di cattura. Così, è scattato immediatamente l'arresto ed è stato trasferito al commissariato di Gaivà, dove rimarrà fino al trasferimento in carcere.

La condanna a vent'anni

In passato, nel 2019, fu condannato a vent'anni di carcere in Italia ma riuscì a far perdere le proprie tracce e ripararsi in Spagna, dove è stato arrestato circa un anno dopo. Inoltre, grazie a un errore era riuscito a sparire prima dell’estradizione in Italia.

Nello stesso anno, dopo l'arresto, il Tribunale lo aveva liberato ritenendo che non ci fossero elementi sufficienti per farlo rimanere in carcere.

La lista dei capi di imputazione

Sul mandato di arresto sono comparsi solo l'accusa di estorsione, l'associazione mafiosa e il traffico di droga, per i quali era stato condannato nel nostro paese. Un errore che ha permesso al boss calabrese, di poter essere liberato dal Tribunale e scappare lontano dallo stivale.

Nel corso del tempo è riuscito a vivere tranquillamente, mantenendo uno stretto rapporto con i grandi big della mafia calabrese, in particolare con il suo clan, la famiglia guidata dai boss Adolfo e Aldo Cosimo Crea che, dalla Piana di Gioia Tauro, ha messo radici profonde nel capoluogo piemontese.

Per loro, è emerso nelle inchieste delle procure antimafia di Genova e Torino, non solo ha importato enormi carichi di marijuana e hashish dalla Spagna, ma è stato anche coinvolto in un giro di usura ed estorsioni gestito insieme alle mogli dei fratelli Crea.

Il progetto della partenza per il Brasile

Da molto tempo il boss progettava la partenza per il Brasile a bordo di un anonimo cargo per evitare controlli particolari e, soprattutto il pericolo di essere ammanettato.

Durante la sua latitanza le indagini non si sono mai fermate: nel gennaio scorso, all’interno di un garage a Nichelino, comune della prima cintura di Torino, è stato scovato il suo tesoro: 400 mila euro in contanti, oltre a orologi Rolex e gioielli per un valore di 200 mila euro.

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