la vicenda

Dopo le violenze, i parroci scrivono ai cittadini

A firmare la lettera don Andrea Bisacchi, don Marco Vitale e don Alessandro Rossi, di San Gioacchino e Maria Regina della Pace

Dopo le violenze, i parroci scrivono ai cittadini

Dopo le violenze e i gravi episodi di cronaca che hanno recentemente scosso la periferia nord di Torino, i parroci di Barriera di Milano e Aurora hanno scelto di farsi sentire con una lettera aperta rivolta ai cittadini e pubblicata sui giornali.

Dopo le violenze, i parroci scrivono ai cittadini

A firmarla sono don Andrea Bisacchi, don Marco Vitale e don Alessandro Rossi, guide delle parrocchie di San Gioacchino e Maria Regina della Pace. I sacerdoti evidenziano la gravità della situazione nei quartieri di periferia nord: ricordano come, in pochi mesi, due giovani abbiano perso la vita in episodi di violenza avvenuti a pochi passi dalle chiese. Il 2 maggio Mamoud, 19 anni, è stato ucciso vicino a Maria Regina della Pace, mentre il 30 luglio Courage, 30 anni e padre di una bimba piccola, è morto accanto alla parrocchia di San Gioacchino. Due vite “invisibili”, come le definiscono i parroci, cancellate troppo in fretta dall’indifferenza generale. Nella lettera si sottolinea come, dopo queste tragedie, la paura si sia fatta sentire nelle strade: serrande abbassate, silenzi pesanti, passanti che evitano di fermarsi. Eppure, nei giorni successivi, proprio in quei luoghi di dolore, la comunità ha risposto, con grande partecipazione. «Nelle ore successive alle tragedie, abbiamo provato ad ascoltare la gente – hanno scritto i parroci, in una lettera aperta – Qualcuno chiudeva il discorso pensando che se la sono cercata. Qualcun altro pensa che, finché succede «tra di loro», non ci riguarda. Altri ne approfittano per dare sfogo alla propria paura e per accusare le istituzioni di non fare abbastanza. E intanto le vite perdute restano invisibili. Abbiamo provato a camminare nelle strade: la prima impressione è stata di vuoto. Nei luoghi della morte ci ha colpito il silenzio, negozi e bar chiusi, passanti che abbassavano la voce e passavano oltre con rispetto. Nei giorni successivi abbiamo organizzato due veglie di preghiera per ricordare chi ha perso la vita. Contro ogni aspettativa sono stati incontri molto partecipati, centinaia di persone molto diverse tra loro: cristiani e musulmani, credenti e non credenti, parrocchiani, comitati di quartiere, associazioni, italiani e stranieri, amici e parenti dei giovani che hanno perso la vita ma anche tanta, tanta gente che non li conosceva. Ci è sembrato un segnale importante: sconosciuti che si incontravano per un dolore che chiede di non rimanere invisibile, chiede un gesto di bene, chiede di vincere l’indifferenza».

Esiste ancora speranza

Per i parroci, questi momenti hanno mostrato che accanto alle ombre esiste anche una luce di speranza: gesti di solidarietà e vicinanza che rendono “visibili” vite spesso dimenticate. Nelle loro parole emerge l’immagine di una Chiesa capace di accogliere e di costruire ponti, in grado di far convivere differenze e diversità. I tre sacerdoti chiedono che Barriera e Aurora non vengano raccontati solo attraverso criminalità e degrado, ma anche per le energie positive che vi abitano. «I problemi sono sotto gli occhi di tutti – scrivono – ma vicino al buio abbiamo visto tanta luce, ed è questa luce che ci spinge ogni giorno ad amare questo territorio».