Ancora aggressioni al Pronto soccorso, l'ultima al San Giovanni Bosco: servono i braccialetti per chiedere aiuto
La Regione accelera su nuovi dispositivi di allerta, al via una sperimentazione in alcuni Pronto soccorso, a partire da quello di Asti
L'ospedale San Giovanni Bosco di Torino continua a esser preso di mira da sbandati, teppisti, drogati, ma anche da persone tranquille che poi si trasformano in aggressori soprattutto nelle corsie.
Come vi avevamo raccontato domenica, nella notte tra l'11 e il 12 ottobre 2024, al Pronto Soccorso, si sono vissuti attimi di forte tensione. Protagonista un giovane torinese di 27 anni, già noto alle forze dell'ordine, che si è recato in ospedale per essere visitato.
Mentre attendeva il suo turno in sala d’aspetto, il ragazzo ha attirato l'attenzione del personale per aver tenuto la musica a un volume troppo alto, provocando un richiamo da parte di un'infermiera.
Calci e pugni alla porta dell'ufficio dei medici
La situazione è degenerata con le prime minacce da parte del giovane, il quale, dopo la visita e il rilascio delle dimissioni, ha manifestato apertamente il suo malcontento. Non soddisfatto delle cure ricevute, ha iniziato a colpire violentemente la porta dell’ufficio dei medici con calci e pugni.
Queste aggressioni agli operatori sono ormai la normalità in tutti i nosocomi italiani ma quelli situati nelle zone più complicate come il San Giovanni Bosco, pagano il prezzo più alto. Duecento solo le aggressioni fisiche registrare finora quest'anno negli ospedali piemontesi. Una situazione complicata che ha già fatto fatto andare via diversi medici dall'ospedale della zona nord.
Dispositivi di allerta: si parte da Asti
La Regione, intanto, per prevenire ulteriori pericoli, accelera su nuovi dispositivi di allerta, come il braccialetto per chiedere aiuto. Tra non molto, partirà la sperimentazione in alcuni Pronto soccorso, a partire da quello di Asti.
Parliamo banalmente di un dispositivo del tutto simile a un orologio da polso e dotato semplicemente di un tasto che, in caso di emergenza, mette in moto da remoto un'allerta alla quale viene data risposta nella maniera più tempestiva possibile.
La soluzione è stata prospettata dall’assessore alla sanità della Regione Piemonte Riboldi ai sindacati degli infermieri.
L’idea è quella di dotare il personale sanitario di dispositivi elettronici da portare al braccio (tipo braccialetti elettronici o smart whatch, per intenderci) che possono inviare, con un semplice tocco, un segnale di allarme alle forze dell’ordine con contestuale geolocalizzazione. La sperimentazione partirà dall’ospedale di Asti e dovrebbe iniziare con una decina di braccialetti elettronici.
"Non bastano, per quanto utili, strumenti elettronici, ma servono degli interventi che funzionino da deterrente. Ben vengano le telecamere e i braccialetti elettronici, ma riteniamo che sia fondamentale inserire presidi di polizia, carabinieri o esercito sulla scia del progetto ‘Strade Sicure’", ha commentato Claudio Delli Carri, segretario regionale del sindacato Nursing Up Piemonte e Valle d’Aosta.
Dal Nursing Up al Nursind, l'altro sindacato dei sanitari:
"Leggere del braccialetto mi ha fatto un po’ senso e francamente mi ha intristito parecchio perché sta diventando veramente surreale questa situazione – così Francesco Coppolella segretario regionale del NurSind – Veramente siamo arrivati al punto di mettere un braccialetto al personale sanitario? Abbiamo un serio problema in Italia allora che dovrebbe imporre alla politica scelte e azioni più complesse rispetto alla sola e legittima richiesta degli operatori di garantire la sicurezza. Siamo i primi a chiedere misure rassicuranti, pene esemplari e presidi fissi ma non credo basti questo, non vorrei trasmettessimo e alimentassimo sempre più incertezze mentre invece abbiamo bisogno del contrario".