Il Tribunale del Riesame di Torino ha revocato la sospensione nei confronti di 23 agenti della polizia penitenziaria accusati a marzo del reato di tortura di stato.
Violenze e non torture
Pestaggi, manganellate, reclusi malmenati, ammanettati e legati. Erano questi comportamenti indispensabili data la pericolosità di alcuni soggetti?
Secondo i giudici le violenze sui detenuti da parte della polizia penitenziaria erano esagerate e devono essere punite, se non rientrano nei casi di tortura, con pene più alte. L’occasione per questa analisi è l’ordinanza con cui i giudici hanno annullato la sospensione dal servizio di 23 agenti del carcere di Biella indagati per tre episodi di maltrattamenti fisici e psicologici avvenuti nel 2022.
Il vicecomandante e gli uomini in divisa sotto di lui utilizzavano metodi decisamente violenti per mantenere l’ordine. Eppure, per il tribunale, presieduto da Stefano Vitelli, ciò non basterebbe a far parlare di torture, ma semmai di abuso di autorità, che prevede solo fino a trenta mesi di reclusione e quindi non permette l’applicazione di provvedimenti interdittivi. Per questo, secondo il tribunale, la sospensione dal servizio dovrebbe essere annullata.