Termovalizzatore del Gerbido, la Regione: "Non basta, serve un secondo impianto in Piemonte"
Allo studio c'è l'idea di un ampliamento di quello di Torino o la costruzione ex-novo di un nuovo impianto nell'Astigiano
Ad oggi, in Piemonte, esiste ed è in funzione un solo termovalorizzatore (o inceneritore), entrato in funzione nel 2013-2014, inaugurato dall'ex sindaco di Torino, Piero Fassino.
Secondo il nuovo piano rifiuti e raccolta della Regione il solo impianto del Gerbido (gestito da Trm-Iren) non basta più: da tempo si discute di un nuovo sito (nell'Alessandrino o Astigiano) o l'ampliamento dell'attuale per bruciare la spazzatura.
Il termovalorizzatore del Gerbido
Il Termovalorizzatore del Gerbido - incastonato fra Beinasco e Grugliasco - finalizzato allo smaltimento di rifiuti attualmente non recuperati, è costituito da tre linee di incenerimento, tra loro uguali, ciascuna delle quali è costituita da una propria sezione di combustione, recupero energetico e depurazione fumi.
Le tre canne fumarie sono installate in una ciminiera comune alle tre linee. I fumi di combustione, che devono raggiungere la temperatura di almeno 850°C, in uscita dalla caldaia vengono depolverati da un elettrofiltro. Successivamente sono abbattuti i gas acidi, i metalli pesanti e i microinquinanti organici. Un filtro a maniche trattiene i prodotti di reazione e infine viene effettuato un ulteriore trattamento degli ossidi di azoto.
Costantemente sorvegliato da ARPA
Il termovalorizzatore, costantemente sorvegliato da Arpa Piemonte, può operare in assetto solo elettrico producendo annualmente l’energia corrispondente al fabbisogno di circa 175.000 famiglie di tre persone, oppure in assetto cogenerativo, cioè fornendo sia energia elettrica sia termica per il teleriscaldamento, generando ogni anno l’energia termica in grado di scaldare 17.000 abitazioni da 100mq e l’elettricità per il fabbisogno di circa 160.000 famiglie. Il recupero dell’energia contenuta nei rifiuti permette, quindi, il risparmio di circa 70.000 t/a di combustibile tradizionale.
I numeri
L'esercizio nel 2022 è stato chiuso con un risultato netto di 94 milioni di euro, +95,4% rispetto al 2021 e l'ebitda pari a 149 milioni (+96,6%).
Alla base dei risultati, l'aumento della quantità dei rifiuti trattati, 604.532 tonnellate nell'anno, e le tariffe di cessione dell'energia. E' stata approvata la distribuzione di un dividendo complessivo di circa 89 milioni di euro ai 40 azionisti della società, costituiti, oltre che dal socio industriale, principalmente da comuni del territorio.
L'incremento dei rifiuti trattari, rispetto alle 565.022 tonnellate del 2021, è attribuibile - spiega la società - all'estensione del servizio di termovalorizzazione ai territori di Vercelli e Vco.
La produzione annua di energia elettrica si attesta inoltre a 443 mila MWh, cui si aggiungono 138 mila MWh di energia termica ceduta. Nel 2022 l'azienda Trm ha inoltre investito 3,6 milioni di euro per la realizzazione di opere infrastrutturali e per interventi di miglioramento dell'impianto e dei processi industriali.
"Sempre più territori guardano verso di noi"
"L'incremento delle quantità dei rifiuti conferite e le numerose richieste di conferimento che non abbiamo potuto soddisfare - commenta il Presidente di Trm Alessandro Battaglino - ci dicono che un numero sempre maggiore di territori e di bacini guardano verso questo impianto per smaltire quella frazione di rifiuto che non può essere riusato, riciclato o recuperato. L'impianto nel 2022 ha immesso in rete oltre 357 mila MWh di energia elettrica, pari alle necessità di 2/3 delle famiglie torinesi: una risposta importante all'emergenza energetica registrata nei mesi scorsi".
Cosa è il programma SpoTT
SPoTT è un’iniziativa che ha preso il via nel 2013 con l’obiettivo di creare un sistema di sorveglianza per valutare gli effetti dell’inceneritore di rifiuti solidi urbani di Torino, uno dei più grandi d’Italia, nelle popolazioni residenti nell’area circostante l’impianto, monitorando l’eventuale esposizione a inquinanti ambientali derivanti dal processo di incenerimento, individuare possibili effetti sulla salute dovuti a queste esposizioni e fornire indicazioni per la prevenzione per la popolazione esposta.
La prima fase del programma si è conclusa nel 2018, e una seconda fase è stata progettata e rifinanziata per il triennio 2020-2023. Si sono ampliate le attività, declinate in 10 linee progettuali, che comprendono il biomonitoraggio (su residenti, allevatori e lavoratori dell’impianto) e studi epidemiologici sulla popolazione e sui lavoratori; mentre sul fronte ambientale sviluppa una nuova linea di modellistica per calcolare la dispersione degli inquinanti, un monitoraggio sulle matrici alimentari e una linea dedicata alle deposizioni al suolo di mercurio.
La seconda fase del progetto, che ha ottenuto un finanziamento di quasi 1milione 900 mila euro , ha tuttavia incontrato delle difficoltà sul fronte del biomonitoraggio umano a causa della pandemia.
“Grazie però alla volontà congiunta di tutto il Gruppo di lavoro, di Trm e del Comitato locale di controllo - spiega Alessandro Sicchiero, consigliere delegato all’ambiente della Città metropolitana di Torino - è stato possibile costruire, attraverso una serie di convenzioni, una proroga di Spott per il triennio 2024-2026 che ha consentito di dare di nuovo il via al biomonitoraggio umano”.
2024-2026: ripartono i prelievi
Alla nuova fase di prelievi s'è detta disponibile ad aderire la maggior parte dei cittadini campionati che risultano ancora residenti nelle aree limitrofe al Termovalorizzatore, ovvero nei Comuni di Beinasco, Grugliasco, Rivalta e Torino che avevano già aderito alle fasi precedenti del biomonitoraggio, a partire dal 2013.
Alle persone coinvolte sarà effettuato un check-up generale sullo stato di salute valutando i parametri ematologici e urinari di base, la funzionalità endocrina e respiratoria, il calcolo del punteggio del rischio cardiovascolare. Saranno inoltre raccolte informazioni utili per interpretare i risultati delle analisi cliniche grazie ad un questionario. Le domande riguardano l’ambiente e le abitudini di vita, la storia medica, le abitudini alimentari e la storia lavorativa del soggetto, la percezione del rischio. Inoltre verranno effettuati esami specifici su sangue e urine allo scopo di misurare l’eventuale presenza dei principali inquinanti associati alle emissioni (metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili, diossine).
I prelievi saranno gestiti dall’ASL Città di Torino e dall’ASL TO3, a seguito di contatto diretto con i cittadini. I campioni raccolti verranno analizzati dall’Istituto Superiore di Sanità.
I risultati individuali, riguardanti lo stato di salute generale, saranno restituiti entro pochi giorni dai prelievi; quelli riguardanti gli inquinanti, data la complessità delle metodiche di analisi da applicare, saranno restituiti verosimilmente entro un anno.
Saranno redatti specifici report riguardanti i risultati delle analisi, presentati a livello collettivo.
Gli esiti emersi dai due gruppi esaminati (residenti rispettivamente più vicino e più lontano dall’impianto) verranno confrontati fra di loro e con i risultati delle precedenti fasi del biomonitoraggio.
I risultati complessivi del biomonitoraggio saranno resi disponibili attraverso il sito del Programma: https://www.spott.dors.it/.
Cosa ne pensa la popolazione
Ecco alcuni pareri che Prima Torino ha raccolto a Beinasco (uno dei comuni più vicini all'impianto) per sapere come viene percepita la presenza da anni dell'inceneritore inaugurato nel 2014 che ha una durata di almeno 20 anni:
"Sono preoccupata in generale per la qualità dell'aria, l'inceneritore è solo una fonte in più di inquinamento. Abbiamo tante auto e industrie che inquinano";
"Fino ad oggi non ho sentito odori sgradevoli, sarà che abito in una zona trafficata quindi si mimetizza con la puzza di smog".
"Lavoro qui come barista da due mesi e non ho sentito ancora lamentele di odori o altro. Ho sentito in passato che c'erano state polemiche sulla costruzione dell'inceneritore ma è una cosa normale, accade anche per altro".
L'ex candidato sindaco di Beinasco, Dino Lombardi (M5S):
"Inizialmente Provincia e Regione volevano fare l'inceneritore nel Canavese. Poi, con il passare del tempo, l'area del Gerbido è diventata l'area più papabile perché tutte le amministrazioni (Provincia, Beinasco, Grugliasco, Orbassano e Torino) avevano lo stesso colore politico ed erano tutti d'accordo nel volerlo ospitare. Io, insieme ad altri, facevamo parte di un comitato di quartiere "No Inceneritore", nato nel quartiere "Le Fornaci": nel 2004 veniamo invitati a fare una lista civica che prende ben il 20% (il 7% a livello comunale) dei consensi ma non vinciamo le elezioni.
Nel tempo però ci siamo battuti per avere monitoraggi, garanzie per la cittadinanza: è stata messa una centralina vicino ad una scuola per capire il 'prima' e il 'dopo' della qualità dell'aria.
Qualche settimana fa è venuto un medico in Commissione Ambiente a relazionare a Beinasco in merito allo screening e ha sottolineato che ci sono stati negli anni degli sforamenti, ma sempre nei limiti.
Ci tengo infine a dire che ora i comuni citati prima hanno annualmente delle opere di compensazione per via dell'inceneritore. Le opere di compensazione possono essere in denaro o altro come la piantumazione di alberi".
"Secondo inceneritore? Scelta sbagliata"
Alberto Unia, Consigliere regionale M5S Piemonte:
"La Regione ha deciso di avviare la selezione di un sito per costruire un nuovo inceneritore. Una scelta miope e completamente sbagliata. Mentre il mondo intero spinge verso l’economia circolare e la riduzione dei rifiuti in Piemonte si pensa ancora a bruciare tutto, come se fossimo nel passato. Un investimento da oltre 400 milioni di euro per un impianto che, anziché risolvere il problema dei rifiuti, lo peggiora. Ho presentato un’interrogazione che è stata discussa oggi in Consiglio regionale per ribadire la nostra contrarietà ad un’opera che andrà a indebolire la spinta verso la differenziazione e il riciclo. Un conto sono i dati snocciolati in aula dall’assessore Vignale, un altro è dire come voler raggiungere quegli obiettivi. Mentre l’Europa ci chiede di ridurre, riutilizzare e riciclare, noi cosa facciamo? Proponiamo di bruciare. È come se avessimo già rinunciato a migliorare, come se fossimo condannati a perpetuare un ciclo insostenibile di consumo e spreco. E a Torino, una città che soffre già di gravi problemi di inquinamento, vogliamo aggiungere un’altra fonte di polveri sottili e diossine? Non è solo irresponsabile, è pericoloso".