In piena emergenza Covid in Piemonte mancano gli infermieri (sedotti anche dalla Svizzera)
Coppolella: "Con la stagione invernale che sta per iniziare, il servizio di emergenza urgenza, non è stato potenziato".
Fino a 8mila euro di “premio” a chi è in grado di favorire il reclutamento di personale infermieristico, in particolare per alcune cliniche private afflitte da una cronica carenza di personale.
Sembra uno scherzo, una provocazione, ma accade in una Svizzera che è pronta a tutto pur di arginare una nuova ondata pandemica che sta mettendo in ginocchio il Paese.
Emigrazione di medici e infermieri verso la Svizzera
Sale il rischio per il nostro SSN, giacché in questo momento sono moltissimi gli infermieri che ci chiedono ragguagli sulla possibilità di lasciare l'Italia verso il vicino Ticino. Alcuni altri, invece, stanno valutando di lasciare in lavoro in Italia, per andare in Svizzera come frontalieri.
Dalle indagini del sindacato, confermano che, nei prossimi giorni, potrebbe scattare una nuova fuga di massa di infermieri italiani, da Milano, Varese, Como, verso la Svizzera, visto e considerato che per un infermiere frontaliero con una lunga esperienza alle spalle, gli stipendi elvetici arrivano anche a 5mila euro mensili.
Adeguamento degli stipendi
Adeguamento degli stipendi, possibilità di fatturare le prestazioni da parte degli infermieri svincolandole da quelle dei medici, investimenti massicci sulla formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari, per raggiungere livelli di specializzazioni pari a quelle degli altri colleghi europei: è con queste premesse che la Svizzera conquista gli infermieri italiani.
Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up:
"Parliamo di soggetti che, a causa dei loro magri stipendi e con un Governo che, a dispetto dei recenti proclami del Ministro Brunetta, sta rinnovando il contratto dei lavoratori della sanità e non si fa passare nemmeno per la testa di riconoscere loro l'inserimento all’interno della cosiddetta “area di elevata qualificazione”, dove hanno ambizione e titolo per stare. E' in questo modo che acuiamo l'emergenza infermieristica in casa.
E’ così che accettiamo che i nostri colleghi, formati come eccellenze riconosciute a livello Europeo, siano spinti ad andarsene oltralpe, per mettersi a disposizione dei cittadini di uno stato estero.
Certo, i dati della nuova ondata sono preoccupanti per la piccola Svizzera, che corre ai ripari, a differenza di quanto accade in Italia, molto prima che si raggiunga l’acme dell’emergenza. Le terapie intensive sono piene al 27%, - continua De Palma - ma per l’opinione pubblica svizzera la situazione oggi è di assoluto allarme. 10466 sono i nuovi contagiati, il dato più alto dallo scoppio della Pandemia.
La Svizzera trema e correi ai ripari, alla luce anche degli oltre 11mila infermieri che mancano all’appello. Pensare che in Italia ne mancano circa 80 mila, eppure il Governo traccheggia e non garantisce loro nemmeno quell'inserimento contrattuale, per noi doveroso, nell’area di "elevata qualificazione", che dovrebbe decollare nei nuovi contratti perché voluta dal Ministro Brunetta. E così in Svizzera si arriva ad istituire una sorta di “premio” per chi, anche semplice cittadino, sarà capace di favorire l’assunzione di personale.
Sono ormai tanti gli infermieri che, esasperati dal caro vita di Milano e dintorni, - conclude Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up - stanno scegliendo di “svoltare”, e vanno a lavorare in Svizzera, dove la busta paga base supera i 3.500 euro. Il fenomeno è sempre più diffuso. Si pensi che, in Lombardia con il Covid, abbiamo toccato il livello di carenza infermieristica più alto d’Italia, da 9mila unità base, con l’acme dei ricoveri siamo arrivati a una necessità di 20mila infermieri.".
E la tendenza a migrare nel Canton Ticino, dove un infermiere su tre è italiano, è sempre più evidente le province più a ridosso della frontiera, che poi, paradossalmente, sono anche tra quelle più afflitte da penuria in Italia.
Turni massacranti
Da una parte ci sono Ospedali e Cliniche italiane, con turni massacranti e i poco dignitosi 1400 euro al mese di media di stipendio. Dall’altra ecco il Ticino, pronto a ricoprire d’oro gli infermieri italiani, a due passi da casa da loro, che diventa, oggettivamente, una meta sempre più ambita per gli operatori sanitari.
Intanto, NurSind Piemonte, il sindacato degli Infermieri, scrive al prefetto e annuncia una serie di iniziative di protesta che in assenza di risposte in sede di conciliazione porteranno inevitabilmente allo sciopero.
Carenza di medici
In Piemonte mancano quattro mila infermieri in regime ordinario. La ripresa della pandemia, seppur ancora contenuta rispetto alle prime tre ondate per via delle vaccinazioni, prevede certamente un incremento dei posti letto Covid, un potenziamento dell’attività di tracciamento e la necessità di ricorrere nuovamente alla vaccinazione di massa attraverso la somministrazione della terza dose. Tutto questo in un contesto dove il personale è impegnato nella ripresa delle attività ordinarie, nell’abbattimento delle liste di attesa, oltre che a riprendere una propria vita, quasi annullata negli scorsi 20 mesi. A questo si aggiunge la grave carenza determinata dai colleghi sospesi e mai sostituiti. Le risorse infermieristiche attualmente impegnate sono gravemente insufficienti oltre ad essere provate fisicamente e psicologicamente dalle prime tre ondate.
Francesco Coppolella, coordinatore regionale NurSind, sottolinea:
“La previsione di far fronte a nuovo lavoro straordinario, a prestazioni al di fuori dell’orario di lavoro, a nuovi cambi organizzativi e alla rinuncia di ferie programmate, conducono ad importanti livelli di stress lavoro correlato senza che si intraveda una strategia sul piano della ricerca di nuovo personale, di ottimizzazione delle risorse a livello regionale e non da meno di incentivazione e valorizzazione della professione. Le promesse fatte sono rimaste tali”.
Per NurSind, la carenza di personale, mette gravemente a rischio la salute del personale infermieristico ma anche dei pazienti.
Nessun potenziamento
"Con la stagione invernale che sta per iniziare, il servizio di emergenza urgenza, anche in assenza di un non ancora pronto servizio territoriale che non è stato potenziato, sarà sottoposto ad un importante incremento del carico di lavoro. Questa condizione - fa sapere Coppolella - con la ripresa della pandemia, pone gli infermieri ad un notevole rischio aggressioni, verbali e fisiche, come dimostrano chiaramente i dati su un fenomeno che sta dilagando".
Inaccettabili le strategie di ricerca del personale
Inaccettabile, per il sindacato, che le differenti strategie aziendali nella ricerca di personale , provochino continui cambi del personale tra un’azienda ed un altra a seconda della convenienza del tipo di bando e/o di concorso, rendendo vani anche i lunghi periodi di affiancamento e formazione necessari per inserirsi in un servizio”
“Siamo preoccupati dal fatto che il Piemonte, in assenza di politiche attrattive, possa perdere ulteriori risorse infermieristiche a favore di altre regioni con gravi conseguenza nel garantire la continuità assistenziale – continua Coppolella - Siamo alle solite, ancora una volta il personale infermieristico, impegnato da due anni in questa pandemia non potrà programmare la propria vita personale, il proprio natale, le proprie ferie”.
Per NurSind è necessario:
Per il sindacato è necessario procedere in tutte le aziende con concorsi a tempo indeterminato dalle quali attingere, promuovere forme di welfare per il personale infermieristico, incentivandoli a rimanere o/a venire a lavorare in Piemonte, garantire, attraverso l’introduzione di personale addetto alla sicurezza e formato adeguatamente, far fronte all’incolumità degli operatori che operano nei pronto soccorso e che sono in prima linea, prevedere una assicurazione che risarcisca gli infermieri vittime di aggressioni, affrontare in maniera organica la questione delle condizioni di lavoro degli infermieri nelle RSA, stanziare fondi per attribuire agli infermieri una indennità specifica regionale come ad esempio ha fatto la valle d’Aosta, incentivare economicamente il lavoro prestato al di fuori dell’orario di lavoro.
“Sono state tante le promesse – conclude Francesco Coppolella- ma cosa hanno visto sino ad oggi gli infermieri è solo una presa di distanza che poco alla volta sta facendo dimenticare una questione che rimane irrisolta. Lo stupore per le nostre condizioni di lavoro e per i nostri scarsi riconoscimenti, si è trasformato in indifferenza. Non siamo riusciti a prendere neanche le briciole che ci spettavano di diritto”.