Omicidio Bruno Caccia, il presidente Mattarella: "Il suo esempio costituisce un importante richiamo al senso etico"
Venne ucciso in un agguato nel capoluogo

Esattamente 40 anni fa, il 26 giugno 1983, venne ucciso in un agguato a Torino, il magistrato Bruno Caccia, "uomo simbolo" della legalità e della giustizia all'ombra della Mole Antonelliana.
L'omicidio
Erano 23:30 di sera, quando decise di uscire dalla propria abitazione di via Sommacampagna per portare da solo a passeggio il cane. Pochi minuti dopo sotto la sua abitazione venne affiancato da una macchina con due uomini a bordo. Questi, senza scendere dall'auto, abbassarono il finestrino e spararono ben 14 colpi. Infine, per essere certi della sua morte, spararono ancora 3 colpi.
Riguardo ai mandanti dell'omicidio, inizialmente le indagini presero la via delle Brigate Rosse ma poi nel tempo, puntarono l'attenzione sui neofascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari e solo alla fine la strada della mafia e in particolare della 'Ndrangheta calabrese che negli anni si è sempre più radicata in Piemonte. Come mandante dell'omicidio, Domenico Belfiore venne condannato all'ergastolo nel 1992.
Nel marzo 2014 il legale dei figli alzò nuovamente il tiro e presentò alla procura di Milano un esposto nel quale chiedeva la riapertura del caso per dirigere le indagini nei confronti di Demetrio Luciano Latella, ex gangster del clan di Angelo Epaminonda.
Il 22 dicembre 2015 la DDA di Milano arrestò il presunto autore materiale dell'assassinio: si tratta di Rocco Schirripa, panettiere calabrese di 62 anni immigrato a Torrazza Piemonte.
La vita
Bruno Caccia nacque in una famiglia con una lunga tradizione in magistratura risalente ai primi anni del XIX secolo, che ebbe il suo esponente più illustre in Giuseppe Caccia, procuratore generale della Cassazione. Studiò a Cuneo fino alll'istituto Ginnasio e, seguendo gli spostamenti del padre magistrato, proseguì a La Spezia conseguendo la maturità ad Asti. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, conseguì la laurea magna cum laude nel 1939 e nel 1940 conseguì anche la laurea in scienze politiche.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 40° anniversario dell'omicidio di Bruno Caccia, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"La sera del 26 giugno 1983, primo giorno dello svolgimento dei comizi elettorali per l’elezione della IX Legislatura del Parlamento italiano, il magistrato Bruno Caccia veniva ucciso in un sanguinoso agguato di stampo mafioso, nei pressi della sua abitazione, a Torino. Procuratore della Repubblica nel capoluogo piemontese nel 1980, dopo un percorso professionale svolto presso gli uffici requirenti nella regione subalpina, Bruno Caccia condusse delicate indagini su esponenti di spicco delle Brigate Rosse e sulle organizzazioni criminali di stampo mafioso operanti nel Nord Italia. Uomo rigoroso e tenace, ha pagato con la vita il costante impegno nell’azione di contrasto ai fenomeni criminali per l’affermazione della legalità. A distanza di quaranta anni dall’assassinio desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza della Repubblica ai suoi familiari e a quanti lo hanno conosciuto e stimato e, in questi anni, ne hanno ricordato le doti umane, unitamente alla straordinaria dedizione nello svolgimento dell’attività professionale. La memoria della sua figura, il suo esempio, costituiscono un importante richiamo al senso etico di quanti operano per rafforzare i valori della convivenza civile del nostro Paese, contribuendo all’affermazione dei diritti dei cittadini e della solidità delle istituzioni".
La figlia Cristina Caccia a La Presse:
“Sono emerse alcune cose” a livello processuale “ma tutti noi da sempre pensiamo che non bastino speriamo ci siano nuovi tasselli, piano piano, per arrivare a una verità più completa. Per un omicidio così ‘eccellente’, al Nord, quello che è venuto fuori è davvero troppo poco. Era una persona semplice nelle sue cose e con semplicità aveva questo senso della legge, del dovere, della responsabilità molto chiaro, che ci ha sempre insegnato in casa con l’esempio”, dice ancora Cristina Caccia. “Era uno che ha fatto il suo dovere e per questo è morto. Non era contento di essere in pericolo, perché sapeva di esserlo, ma è andato per la sua strada. Come lui, tanti altri, hanno fatto il loro dovere fino in fondo. E’ quello che ho sempre insegnato alle mie figlie e alla mia famiglia”.