Il Piemonte potrebbe diventare la prima regione ad adottare una legge su fine vita e suicidio assistito
Ma è proprio il tempo a muovere l'associazione Luca Coscioni: "Le persone non possono aspettare soffrendo"
Il Veneto sembrava poter essere la prima Regione a votare una legge per normare in senso pratico fine vita e suicidio assistito. E invece no: ieri, mercoledì 16 gennaio 2024, per un solo voto in Consiglio regionale non si è raggiunto il quorum e la legge che avrebbe regolamentato il fine vita non è stata approvata, malgrado persino il governatore Luca Zaia fosse favorevole.
La legge non è passata
Ma la questione non è chiusa. Nemmeno in Veneto, ma soprattutto la palla passa alle altre regioni, Piemonte compreso.
Questo perché perché la proposta di legge, avanzata dall'associazione Coscioni appunto in tutte le regioni, è nata da un’iniziativa popolare: è stata cioè depositata dopo una raccolta firme, che è durata mesi prima di raggiungere la soglia delle 7mila firme necessarie.
Il Veneto è stata la seconda regione italiana a depositare la proposta di legge (dopo l’Abruzzo), ma la prima effettivamente discussa in Consiglio regionale. E ora che in Consiglio regionale è "andata male", la Giunta Zaia potrebbe comunque decidere di ripiegare su una circolare operativa per normare fine vita e suicidio assistito.
La cosa importante da comprendere è che non si trattava di dire sì o no al suicidio assistito: quello è già consentito in base alla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Antoniani. La proposta di legge è volta a far sì che le regioni colmino una lacuna normativa andando a indicare soprattutto tempistiche certe per regolare il tutto.
Sarà il Piemonte la prima regione a farlo?
Gli obiettivi del progetto di legge
Il voto in Veneto non avrebbe quindi approvato il suicidio assistito, già possibile con la sentenza Cappato che - pur non essendo una legge - dal 2019 permette ai pazienti che presentano situazioni intollerabili, e previa verifica dei casi, di autosomministrarsi un farmaco letale e porre fine alle proprie sofferenze. (Indicativi sono i casi di Stefano Gheller e della friulana Anna (nome di fantasia) che è stata la prima paziente ad accedere al suicidio assistito mediante il Servizio sanitario nazionale.)
Avrebbe fatto solo ordine in una selva burocratica che rende difficile per i malati il raggiungimento di un loro diritto sancito.
Il progetto di legge in aula si poneva infatti l’obiettivo di “definire i ruoli, i tempi e le procedure delineate della Corte costituzionale attraverso una sentenza immediatamente esecutiva”.
In Piemonte
In Piemonte la proposta di legge sul fine vita è all’esame della commissione consiliare Sanità, che ha chiesto un parere tecnico all’ufficio legislativo del Consiglio regionale.
Nel frattempo la stessa commissione ha stabilito lo svolgimento di consultazioni online con termine al 15 febbraio e ulteriori audizioni di esperti in presenza. Primo firmatario della proposta di legge è il Coordinatore Regionale Liberi Subito Piemonte Davide Di Mauro.
Probabile però che la legge sul fine vita finisca per diventare uno dei temi della prossima campagna elettorale in Piemonte.
Questo nonostante la speranza dei firmatari della proposta di legge, Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni che in una nota fanno sapere:
Auspichiamo che il consiglio regionale del Piemonte vogliano esprimersi sulla proposta di legge prima delle elezioni regionali del 2024, perché le persone che soffrono non possono aspettare anni, ma hanno bisogno di risposte in tempi rapidi e certi, assicurando il rispetto dei valori costituzionali e dei principi generali dell’ordinamento.
Perché se ne parla a livello regionale
Le regioni stanno cercando di colmare in maniera autonoma il vuoto normativo che esiste in Italia sul cosiddetto “fine vita”. Nel nostro Paese infatti non esiste una legge nazionale che regolamenti l'aiuto alla morte volontaria, questa scelta è normata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a 4 condizioni di salute dei richiedenti:
- 1) essere capaci di autodeterminarsi;
- 2) affetti da patologia irreversibile;
- 3) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute dalla persona intollerabili;
- 4) essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale.
Questi requisiti devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge e tempi anche molto lunghi come sottolineato dall'Associazione Luca Coscioni, a volte si parla anche di mesi, un tempo che non tutti hanno a disposizione.