Immuni o no?

Il nostro sistema immunitario è ancora protetto contro il Covid? Ce lo dice un test

Un semplice esame, messo a punto all'Irccs di Candiolo, che potrà rivelare quando è il momento di vaccinarci di nuovo.

Il nostro sistema immunitario è ancora protetto contro il Covid? Ce lo dice un test
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Dall'Istituto di Candilo un test per verificare se il sistema immunitario è ancora protetto contro il Covid e poter così stabilire nuove strategie di vaccinazione.

Il sistema immunitario è ancora protetto contro il Covid?

Il nostro sistema immunitario è ancora protetto contro il Covid? Per scoprirlo i ricercatori dell’Irccs di Candiolo insieme all’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM), hanno messo a punto, nel laboratorio Armenise-Harvard di Immunoregolazione, un semplice test del sangue in grado di determinare il livello e la durata dell’immunità al virus Sars-CoV-2.

Infatti, non tutti otteniamo gli stessi benefici dalla vaccinazione anti-Covid: c'è chi ha bisogno di una nuova dose di vaccino dopo pochi mesi e chi dopo 6 mesi o addirittura 10.

In cosa consiste?

Il nuovo test consiste nella identificazione di marcatori dei linfociti T della memoria, fondamentali oltre agli anticorpi per evitare la malattia.

“Avere gli anticorpi non significa per forza essere protetti dall’infezione, perché nel tempo questi calano e non sono sufficienti a proteggere dal contagio, ragione per cui si è optato per la dose booster – ricorda Luigia Pace, responsabile di questa ricerca presso l’Irccs di Candiolo Laboratorio di Immunologia Oncologica e responsabile del Laboratorio di Immunoregolazione presso l’IIGM, tra gli autori dello studio – Le cellule T sono ‘allenate’ a riconoscere molte porzioni della proteina spike del virus, e risentono molto di meno delle variazioni introdotte dalle mutazioni delle nuove varianti mai incontrate in precedenza”.

Studio condotto su 400 soggetti

Lo studio è stato condotto su oltre 400 soggetti, sottoposti a vaccino mRna Pfizer ed è stata presa in considerazione la reazione immunitaria contro il virus. Ossia le risposte delle cellule B che producono gli anticorpi, e la risposta dei linfociti T di memoria contro la proteina Spike di SARS-CoV-2 o derivata dalle varianti B.1.351 (Beta), B.1.617.2 (Delta) e B.1.1.529 (Omicron), fino a 10 mesi dopo la vaccinazione.

I risultati hanno identificato due categorie di soggetti: quelli con alte e quelli con basse risposte al vaccino. I soggetti con una capacità di risposta superiore presentavano, inoltre, un aumento della frequenza delle cellule T anche dopo la dose di richiamo.

“In pratica, queste persone hanno una maggiore capacità di neutralizzazione del virus rispetto ai soggetti che presentano una bassa risposta”, evidenzia la ricercatrice.

I soggetti a bassa risposta risultano quindi meno protetti contro la malattia Covid-19, causata dalle varianti Delta e Omicron, anche dopo il ciclo completo di vaccinazione.

Lo studio ha permesso anche di rilevare che la vaccinazione con mRna promuove l’aumento dei livelli di anticorpi e il potenziamento di cellule T CD4+ e CM CD8+ specifiche contro il virus, nei soggetti precedentemente infettati da SARS-CoV-2.

“Tutti questi risultati dimostrano che le cellule T di memoria specifiche e con proprietà poli-reattive contro le varianti, sono determinanti nella riduzione del rischio di infettarsi con le varianti Omicron e sviluppare Covid-19”.

Gestire la pandemia

Uno studio che avrà importanti implicazioni sulla futura gestione della pandemia: capire se si ha questa sorta di "scudo" sarà infatti utile per stabilire il grado di protezione della popolazione generale e selezionare, di conseguenza, chi necessita di una ulteriore protezione tramite una dose di vaccino.

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