Lieto fine

Dal viaggio della speranza alla cittadinanza italiana, il sogno realizzato di Karim

A 12 anni la fuga dal suo Paese, all'insaputa della sua famiglia, nascosto nel vano portabagagli di un pullman.

Dal viaggio della speranza alla cittadinanza italiana, il sogno realizzato di Karim
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Dal viaggio della speranza alla cittadinanza italiana, come racconta Prima il Canavese, il sogno realizzato di Karim, neo castellamontese che si è costruito una vita nel nostro Paese con caparbietà e facendosi voler bene da tutti.

Il sogno realizzato di Karim

Un sogno diventato realtà. Karim Abdel Khadiri ha gli occhi vispi e gioiosi come quelli di chi ha finalmente completato la sua personalissima ricerca della felicità. Sorride orgoglioso mentre mostra la sua carta di identità di cittadino italiano, rilasciata la scorsa estate dal Comune di Castellamonte. La sua è una storia che dà forma e sostanza alle parole umanità e accoglienza, lanciando un messaggio autentico di speranza rivolto a tutti quegli immigrati che vogliono integrarsi e avere una vita dignitosa nella Terra Promessa: l’Italia. Il Bel Paese, il Canavese e la cittadinanza italiana sono, però, solo l’arrivo, l’ultima tappa di un lungo viaggio, affrontato con coraggio e un briciolo di incoscienza.

Il viaggio della speranza

L’«odissea» del trentenne neo italiano inizia nel 2002 in Marocco, a Khouribga, un piccolo e povero centro a un centinaio di chilometri da Casablanca. Karim ha 12 anni e insieme al cugino, Habib Harragoui, compie un gesto clamoroso. All’insaputa delle loro famiglie, si infilano di soppiatto nel vano portabagagli di un pullman granturismo piemontese. E’ l’inizio di una fuga rocambolesca e pericolosa:

«Nel 2002 avevamo finito i sei anni di scuola primaria, ma le nostre famiglie non avevano i soldi per farci continuare gli studi – spiega Karim – Al nostro paese molti giovani e adulti erano già venuti in Italia, in provincia di Torino. I racconti positivi che arrivavano in Marocco ci hanno dato il coraggio e la forza di partire».

E’ il primo passo di un lungo cammino, tre giorni con la paura di essere scoperti, senza poter bere e mangiare: «Durante una sosta, l’autista si è accorto di noi. Ma invece di denunciarci alle autorità, ci ha aiutato, dandoci da mangiare. Solo così siamo riusciti a sopportare quel viaggio interminabile».

Dopo chilometri e chilometri di asfalto, l’approdo a Torino e la chiamata in Marocco per avvisare i famigliari, comprensibilmente preoccupati per la scomparsa dei due giovani.

L'approdo in Canavese

«Mio padre – spiega Karim – non poteva credere dove eravamo e cosa avevamo fatto. Quando si è tranquillizzato ci ha indirizzato verso un lontano parente che viveva a Favria».

Con caparbietà e determinazione, Karim e Habib iniziano il loro percorso di inserimento nella nostra società. Frequentano le lezioni in una scuola per stranieri di Settimo Torinese e poi si iscrivono al Ciac di Valperga dove completano con ottimi risultati il corso triennale per tecnico di impianti elettrici. Nel frattempo iniziano a sbarcare il lunario come ambulanti. Con gentilezza ed educazione si fanno conoscere a Castellamonte, ma non solo.

Diventano una presenza fissa con la loro cassettina nei mercati settimanali della zona, dove vendono accendini e fazzoletti. Anche in questo caso Karim ha fatto passi da gigante in poco tempo:

«L’attività di venditore ambulante mi piace tantissimo. Nel 2009 ho aperto la mia partita Iva e adesso giro con il mio banco di abbigliamento intimo i mercati locali. Al lunedì sono a Castellamonte, martedì ad Aosta, mercoledì a Chivasso, giovedì a Cuorgnè, venerdì a Ivrea e sabato a Rivarolo. Non mi fermo mai. Mi piace come lavoro».

Un messaggio di integrazione

E’ la cronaca di un’integrazione perfetta:

«Sono riconoscente a Castellamonte e ai suoi abitanti. Mi sento un po’ castellamontese ormai – puntualizza Karim – Ho trovato delle persone fantastiche che mi hanno aiutato davvero molto. Uomini buoni e dal cuore d’oro come l’ex comandante dei vigili, Bruno Falletti, o la famiglia Sunino della Plastic Legno dove ho lavorato per 5 anni racimolando i soldi per aprire poi la mia attività di “mercatale”. La mia famiglia è in Marocco e ogni tanto vado a trovarla, specie d’estate, ma non rinuncerei mai all’Italia. Specie adesso che sono diventato cittadino italiano. Era il mio sogno. Non è stato facile, ma l’ho realizzato. Basta comportarsi bene e rispettare gli altri e questo meraviglioso Paese. In Italia e in Canavese sono molto accoglienti e non ti mancherà mai nulla».

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