TORINO E PROVINCIA

Coldiretti accoglie l’apertura al confronto da parte della Città Metropolitana sul progetto di variante alla SS 460 nel Canavese

Coldiretti: "L’impatto principale è sul consumo di suolo ma ci sono rischi significativi anche sulla rete irrigua e sulla funzionalità idraulica delle aree di piena del Malone"

Coldiretti accoglie l’apertura al confronto da parte della Città Metropolitana sul progetto di variante alla SS 460 nel Canavese
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Coldiretti Torino accoglie con favore l’apertura al confronto da parte della Città Metropolitana sul progetto di variante alla SS 460 nel Canavese.

«La variante 460 da Lombardore a Salassa – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici - impatta gravemente sui terreni agricoli più fertili della zona e minaccia la produttività delle aziende agricole. Non siamo contrari alle opere viarie ma non accettiamo più che i progetti che impattano sul consumo di suolo vengano decisi senza il coinvolgimento degli agricoltori. Per questa nuova strada è accaduto esattamente così. Apprezziamo il cambio di atteggiamento da parte dell’ente metropolitano che promette di tenere conto delle osservazioni sollevate da Coldiretti Torino».

La notizia dell'avvio della progettazione

Alla notizia dell’avvio della progettazione della variante da parte della Città Metropolitana, l’11 febbraio 2022, Coldiretti Torino aveva chiamato a manifestare gli agricoltori del territorio che avevano dato vita a un presidio seguito da un corteo di trattori lungo la SS 460 del “Gran Paradiso”.

«L’impatto principale è sul consumo di suolo ma ci sono rischi significativi anche sulla rete irrigua e sulla funzionalità idraulica delle aree di piena del Malone, inoltre registriamo impatti sulla viabilità interpoderale e sugli accessi ai terreni. I vertici politici della Città Metropolitana e i progettistici hanno mostrato interesse per queste osservazioni. Per gli agricoltori rimane fondamentale limitare al massimo il consumo di suolo fertile, non compromettere, anzi, migliorare la rete irrigua limitando al massimo gli sprechi di acqua, non impedire gli accessi ai campi (che non sono semplici “terreni” ma sono i luoghi di produzione degli agricoltori), e non ostacolare il deflusso delle acque di piena del Malone dai campi coltivati».

Altro aspetto cruciale sono gli indennizzi per gli espropri.

«Le aziende agricole non vogliono perdere la terra. Non accetteremo mai che questo patrimonio privato, ma nello stesso tempo, collettivo, che sono i campi fertili, sia ceduto a cifre che non tengano conto del valore produttivo dei terreni».

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