Askatasuna, per i giudici del Tribunale di Torino il centro sociale "non è un'associazione per delinquere"
La sentenza è stata accolta con applausi e cori all'esterno del palazzo di giustizia, dove c'era un presidio organizzato dai sostenitori del centro sociale

I giudici del Tribunale di Torino ,nell'ambito del processo a 28 attivisti e attiviste che negli anni hanno partecipato alle iniziative del centro sociale di Corso Regina Margherita 47, hanno stabilito che "l'Askatasuna non è un'associazione per delinquere".
In 10 sono stati assolti perché "il fatto non sussiste" dall'accusa più pesante, mentre 18 sono le condanne per altri reati. Le pene inflitte variano dai 4 anni e 9 mesi ai 5 mesi di reclusione per singoli episodi.
Il processo
La Procura aveva chiesto 88 anni di carcere complessivi per i 28 attivisti imputati nel procedimento, mentre la la Presidenza del Consiglio e i ministeri dell'Interno e della Difesa avevano invocato indennizzi per 6,8 milioni di euro
I magistrati ritenevano che all'interno dell'edificio che ospita il centro sociale negli anni si fosse creata un' "associazione a delinquere”, responsabile degli scontri di piazza avvenuti più volte a Torino e degli attacchi ai cantieri dell'alta velocità Torino-Lione.
Ricostruzione negata dagli imputati hanno e dai testimoni che in aula hanno sottolineato il ruolo del centro sociale come polo di aggregazione culturale. Aspetto non secondario, visto il patto di collaborazione stipulato dal comune di Torino per i prossimi 5 anni.
La soddisfazione dei militanti
La sentenza è stata accolta con applausi e cori all'esterno del tribunale di Torino, dove c'era un presidio organizzato dai sostenitori del centro sociale. All'uscita dal Palazzo di giustizia, gli imputati sono stati accolti dai compagni con applausi, slogan e con l'accensione di fumogeni. Il presidio si è quindi trasformato in un corteo.
Le reazioni della politica
“Infine è avvenuto ciò che speravamo e ci aspettavamo: è caduta in primo grado l’accusa di associazione a delinquere per 16 membri del centro sociale Askatasuna e del Movimento No TAV, nonostante le condanne, comunque molto ridotte rispetto alle richieste della Procura, per alcuni singoli imputati per gli altri capi d’accusa. Abbiamo sempre pensato che l’accusa di associazione a delinquere fosse frutto di un teorema del tutto infondato, completamente fuori luogo per persone che con i loro atti non si sono arricchite né avvantaggiate in nessun modo. Che le iniziative del centro sociale per il contrasto alla precarietà abitativa, la promozione dello sport popolare, la distribuzione di cibo e tamponi durante il lockdown, i corsi di italiano per stranieri non siano mai state una maschera per altre finalità. Le responsabilità penali sono sempre personali e non è mai esistito un nucleo che architettasse un programma criminoso. Di fatto non accolta in questa sede anche la richiesta monstre di risarcimento del danno: dovrà essere provato davanti al Tribunale Civile. Come abbiamo sempre detto, Askatasuna non è un covo criminale e continuerà a esistere, anche come bene comune. Ci aspettiamo delle scuse da chi, da destra, aveva dimenticato ogni garantismo e attaccato pesantemente in questi mesi imputati e solidali e auspichiamo che ora si apra una riflessione sull’uso sproporzionato del diritto penale contro il dissenso e i movimenti sociali.” – lo dichiarano il Vicecapogruppo di AVS alla Camera, Marco Grimaldi, la Capogruppo di AVS in Piemonte, Alice Ravinale, e la Capogruppo di Sinistra Ecologista al Comune di Torino, Sara Diena.
“Chi usa la violenza come strumento di lotta, ideologica e politica, chi si professa fuori da ogni regola, assurgendo a professionisti del disordine, minaccia le istituzioni, devasta la città, i beni della cittadinanza e il patrimonio, così come chi aggredisce le forze dell’ordine, non può mai essere un interlocutore dello Stato e pertanto delle amministrazioni degli enti locali. Le 18 condanne ai militanti di Askatasuna emesse dal tribunale di Torino oggi, lo confermano, anche se cade l’associazione a delinquere: non cambia la sostanza e anzi questa prima sentenza lo certifica in pieno. La pericolosità degli esponenti di Askatasuna resta ed è molto grave, proprio perché i militanti, pur condannati, sono fieri dei loro comportamenti. Questo è un segnale chiaro a tutta la cittadinanza e al sindaco di Torino: senza alcun ravvedimento, pentimento e messa in discussione di quanto finora fatto da Askatasuna, va confermata la contrarietà a qualsiasi forma di sanatoria del centro sociale e dei suoi attivisti. Il Comune di Torino non può piegarsi alla violenza, all’illegalità esibita con orgoglio, perché è un messaggio contro tutti i cittadini che rispettano le regole. Torino non deve essere ostaggio”. Lo afferma il vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli.
“Massimo rispetto per il lavoro della magistratura, ma il mio parere non cambia: la violenza va sempre condannata e Askatasuna deve essere chiuso e restituito alla città. Non si può tollerare chi limita con la violenza la libertà dei cittadini, chi non rispetta le leggi e attacca in maniera impunita le Forze dell’Ordine. È a loro che va spiegata la sentenza”, è il commento del senatore Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione e segretario regionale di Forza Italia in Piemonte.
“La sentenza emessa a carico di componenti del centro sociale Askatasuna, come tutte le sentenze, va rispettata, ma ci obbliga a chiedere a gran voce al ministro Piantedosi di impugnarla. Nel processo sono stati contestati reati gravi, anche al di là dell’associazione a delinquere che non è stata al momento riconosciuta, dei quali 18 imputati sono stati ritenuti colpevoli. Reati rispetto ai quali le Forze dell’ordine sono spesso parte lesa, proprio come lo è lo Stato che, però, si è visto negare i risarcimenti. Non ci si può assolutamente fermare qui. Chi lavora per la sicurezza conosce purtroppo molto bene le imprese degli appartenenti ad Askatasuna, e la maggior parte degli operatori in divisa impegnati nelle ‘zone di loro competenza’ ne ha conosciuto gli effetti sulla propria pelle. Sono anni che viviamo una vera e propria odissea per fronteggiare i continui, ripetuti, attacchi contro le istituzioni, gli enti privati, le città, i cittadini inermi, da chi pensa di poter affermare la propria supremazia sullo Stato con arrogante menefreghismo delle regole. Oggi sentiamo che molti di questi imputati sono stati condannati ma, in concreto, rischiano di non scontare alcuna pena e di non pagare un soldo pur se le iniziative di questi anni hanno spesso danneggiato e offeso cose, cantieri, città e, soprattutto, operatori in divisa impegnati solo a svolgere il proprio lavoro. Non è accettabile che si consideri chiusa questa storia di violenza e prepotenza senza andare fino in fondo. Adesso attendiamo il ricorso in appello che non può e non deve mancare”. Così Valter Mazzetti, Segretario generale Fsp Polizia di Stato