La raccolta delle castagne entra nel vivo, un 2025 con frutti grandi e squisiti.
Castagne torinesi, un raccolto da record
Per le castagne e i marroni questo di ottobre 2025 si preannuncia come un ottimo raccolto, sia in quantità che in pezzatura. Piogge primaverili e caldo estivo già da giugno hanno favorito fioritura e maturazione.
«L’invito ai consumatori – dichiara il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – è di assaggiare queste castagne 2025 che hanno un gusto davvero squisito. Si possono trovare soprattutto nei mercati di Campagna Amica o in acquisto da vendita diretta nelle aziende agricole e nelle cooperative di produttori».
“Non raccogliete i frutti dei castagneti coltivati”
E proprio nel corso della raccolta Coldiretti Torino rivolge un appello a chi percorre i boschi dove è evidente l’attività di castanicoltura in atto.
«Quando vedete un bel castagneto curato – aggiunge il presidente Bruno Mecca Cici -, con il sottobosco pulito e le piante potate e innestate non prendete le castagne che trovate lungo le strade e i sentieri. Non sono frutti selvatici di nessuno, ma sono il raccolto finale dopo un anno di attesa e sacrifici dei castanicoltori. I marroneti e i castagneti non sono boschi qualsiasi ma sono dei veri frutteti Chiediamo comprensione per gli sforzi degli agricoltori di montagna e collina che continuano a coltivare questi preziosi frutti ricchi di preziose sostanze nutritive che nella storia hanno salvato le popolazioni dalla fame e che ora stanno riscoprendo un nuovo interesse tra i consumatori».
I dati nel Torinese
In provincia di Torino sono 194 le aziende agricole che si dedicano anche alla castanicoltura per 115 ettari registrati. La produzione della castanicoltura torinese è stimata in circa 1.800 quintali molto variabili a seconda delle annate: il castagno, infatti, alterna anni con tanti frutti piccoli e annate con pochi frutti grossi quelli più interessanti per il mercato.
In buona parte si tratta di marroni IGP della Bassa valle di Susa per una produzione di circa 500 quintali concentrata soprattutto nei Comuni di Villarfocchiardo, San Giorio di Susa, Mattie. La produzione di castagne e marroni nel Torinese è comunque concentrata soprattutto, oltre che in Bassa Valle di Susa, in Alta Valle di Susa, nella Collina morenica canavesana e nella fascia pedemontana del Canavese, nel Pinerolese pedemontano, in val Pellice e in val Sangone.
Il valore della produzione torinese si aggira sul milione di euro ma, in realtà, ben poco rimane ai castanicoltori.
«Anche per le castagne e i marroni valgono, purtroppo, le storture del mercato dei prodotti agricoli. È troppo il divario tra il prezzo riconosciuto all’agricoltore e il prezzo effettivamente pagato dal consumatore. E questo dopo un anno di rastrellamento di foglie, potatura, abbruciamento dei ricci, innesto di nuove piante e, in certi casi, anche di irrigazione, e tutto in territori dove la meccanizzazione è molto limitata. È venuto il momento di riconoscere il giusto compenso agli agricoltori per il loro lavoro in territori disagiati».
La cura del castagno riveste anche un importante valore forestale ed ecologico. Se in tutto il Torinese sono 115 gli ettari coltivati ufficialmente ammontano a ben 38.070 gli ettari a castagneti.
«Si tratta perlopiù di boschi abbandonati. Castagneti invasi da altre specie, con sottobosco a cespuglieto pieni di rami e tronchi caduti che rappresentano un pericoloso innesco per gli incendi che, infatti, sono ricorrenti nei castagneti “sporchi” durante le giornate di vento secco. Un patrimonio boschivo che se non curato verrà perso per sempre. Il castagneto è infatti un bosco “favorito” dall’Uomo, che se non viene curato cede lentamente spazio ad altre essenze forestali come le querce e i tigli. E non dimentichiamo che il castagno offre non solo i frutti ma anche un legname che naturalmente resiste agli attacchi di parassiti e ha un largo utilizzo nel mercato del legno ed è un vanto del Made in Italy artiginale. Inoltre, i fiori sono molto melliferi. La fioritura del castagno è l’ultima della primavera e sostenta milioni di impollinatori che non trovano più nettare nei fiori di campo. Per tutto questo servono misure per riportare gli agricoltori nei boschi, per sconfiggere le tante malattie e parassitosi e per riprendere a dare vita a quella che fino al dopoguerra era una vera e propria civiltà del castagno piemontese».