Incubo mense scolastiche e per chi vuole cucinare il pasto a casa per i propri figli la strada è difficile (ma non impossibile)
Cosa deve fare un genitore che leggendo certi titoli sui giornali decide di fare a meno del servizio della mensa scolastica?
Larve, capelli, unghie, pezzi di legno e verdura marcia. Chi può stare tranquillo sapendo che il momento del pasto per i propri figli è in realtà la scena di un film dell'orrore?
I giornali, in primis La Stampa, parlano chiaro descrivendo minuziosamente ritrovamenti raccapriccianti nei piatti dei bambini e anche io come mamma di un bambino che da settembre mangerà in mensa trovo tutto francamente indigesto e inquietante.
Le segnalazioni da settembre
di Silvia Venezia
Ma andiamo con ordine, cosa sta succedendo a Torino dall'inizio dell'anno scolastico? I problemi che riguardano la ristorazione scolastica interessano gli istituti comunali e statali: dai nidi alla secondaria. Parliamo quindi della fascia 0-14.
Da questo settembre, il Comune ha affidato per 5 anni l’appalto della ristorazione scolastica a quattro ditte: Vivenda (Circoscrizioni 4-7), Camst (lotti 5-8), Ladisa (lotti 1-3), Euroristorazione (lotti 2-6).
Le ditte sono state scelte seguendo il criterio della qualità spendendo 3 milioni di euro in più rispetto agli anni scorsi, eppure le segnalazioni provenienti dalle commissioni mensa hanno iniziato a moltiplicarsi sin da subito e a finire sulle pagine dei giornali.
Va detto che l’assessora ai Servizi Educativi Carlotta Salerno ha dichiarato che ogni segnalazione di scuola o famiglia viene approfondita nel dettaglio e i controlli a sorpresa in tutta la città sono ormai quotidiani. Va anche specificato che i controlli portano a raccomandazioni o penali economiche.
Quali alternative?
Mentre gli inquirenti indagano sulla provenienza dei pasti sotto accusa e il Comune promette tolleranza zero, sempre in qualità di madre di un bambino dai gusti difficili (che francamente non fatico a immaginarmi completamente a digiuno nelle condizioni descritte), mi ritrovo a valutare opzioni alternative arrivando anche a chiedermi, seppur favorevole e nelle possibilità economiche di pagare un servizio che mi agevola come madre, e se volessi preparare io il pranzo a mio figlio?
Cerco informazioni e fortunatamente mi imbatto nella pagina CaroMensa Torino, gestita da famiglie torinesi assistite dall’avvocato Giorgio Vecchione che da anni si batte per il diritto delle famiglie all'auto refezione.
Scopro da neo mamma inesperta che generazioni di genitori, a Torino come in tutta Italia, prima di me si sono battute vittoriosamente in decine e decine di vere e proprie battaglie legali, aprendo una strada che nel 2019 ha subito una breve battuta di arresto per effetto di una sentenza della Corte di Cassazione che, solo apparentemente – ad una lettura frettolosa e superficiale – sembrava aver definitivamente deciso che scolari e studenti non
possono portarsi cibo da casa in mensa. I Tribunali Amministrativi Regionali ed il Consiglio di Stato, unici giudici competenti in materia, però, hanno sancito tutt’altro.
Ma allora cosa deve fare un genitore che voglia far portare al proprio figlio il pasto da casa in mensa? Lo abbiamo chiesto all'avvocato Giorgio Vecchione raggiunto al telefono:
"La possibilità di portarsi il cibo da casa esiste nonostante sia osteggiata qui in Piemonte come in alcune “sacche di resistenza” nel resto dell'Italia dove sono state vinte decine cause; parliamo di un numero schiacciante di vittorie contro l'amministrazione scolastica. Contro il Ministero ci sono una quarantina di provvedimenti dei Tar e del Consiglio di Stato che riconoscono questa possibilità di scelta ordinando di fatto alle amministrazioni scolastiche di doversi organizzare nel rispetto dei diritti e delle aspettative di tutti.
Per quanto riguarda bambini dalle elementari in su, talvolta è sufficiente far scrivere una lettera dallo studio legale al dirigente scolastico per farsi dare l'ok. Sono centinaia le scuole a Torino e migliaia in tutto il Paese, che hanno accordato il permesso. Basta digitare su Google "Regolamento pasto domestico" e usciranno fuori tutti i regolamenti scolastici d'Italia.Per quanto riguarda i bambini dai 6 anni in giù la problematica riguarda il fatto che non si tratta di scuola dell'obbligo a cui si applicano una serie di diritti come il diritto allo studio, l'obbligo di frequenza e la gratuità della scuola dell'obbligo unitamente al diritto di libera
scelta alimentare, unico elemento quest'ultimo che potrebbe portare alla pretesa di un genitore ad esercitare il diritto all'auto refezione. La problematica qui è legata allo scarso grado di autonomia che può avere un bambino molto piccolo.
Ad esempio, il principio di precauzione di una materna che dice "noi seguiamo i nostri piani alimentari" per i bambini di 3 anni è comprensibile. Così come non è facile pretendere da bambini in tenerissima età, il rispetto di certe regole comportamentali all’ora
del pasto. Uno spiraglio c'è comunque anche per i piccolissimi.
Ma cosa succede quando una scuola non vuole concedere il pasto da casa?
"Davanti ad una scuola che non voglia concedere il pasto domestico occorre fare ricorso al Tar e richiedere un provvedimento giurisdizionale che accerti l'illegittimità del diniego, anche autorizzando la famiglia in via cautelare, ossia con provvedimenti urgenti che dispongono immediatamente l’autorizzazione all’auto refezione. Di scuole che non permettono di portarsi il pranzo da casa ce ne sono ancora decine.
La resistenza da parte del Ministero c'è. Così come ci sono forti interessi economici che spesso ostacolano chi vuole sottrarsi al servizio pubblico (a pagamento) dietro a tutta questa storia.Infine, c'è anche un discorso di disinformazione. Dalla sentenza della Cassazione del 2019 non si è fatto altro che parlare dell'impossibilità da parte delle scuole di concedere il pasto da casa. Probabilmente senza mai aver letto attentamente quello che dice la sentenza che effettivamente non riconosce il diritto soggettivo assoluto di portare cibo da casa, ma sottolinea però come questo rimanga un diritto sociale all’istruzione, un interesse legittimo, lasciando al privato cittadino la scelta di chiedere all'amministrazione scolastica di disciplinare il fenomeno"
Insomma, la strada non è semplice, ma è stata già vittoriosamente percorsa e tracciata.
E quello che possiamo fare è diffondere la voce perché ogni genitore abbia tutte le informazioni necessarie e sappia come muoversi in diverse situazioni.
Mi ha rincuorato aver incontrato qualche tempo fa una mamma davanti alla futura materna di mio figlio. Per deformazione professionale l'ho "intervistata"e le ho chiesto: "Qui è buona la mensa?" "Sì, è buona. L'ho assaggiata durante l'inserimento di mia figlia." Mi sarebbe anche bastata come risposta, poi ha aggiunto: "Ma sa io sono tedesca, noi non siamo molto sofisticati."
Ecco, io sono italiana e il mio Paese si identifica con la migliore cucina del mondo, ma neanche io sono sofisticata. Mi basta sapere che il pasto di mio figlio sia adeguato, che quando sarà ora di pranzo per lui sarà un momento di piacevole condivisione con gli altri bambini, un'esperienza che lo porti a sorridere e non ad avere dei blocchi emotivi tutte le volte che si tratta di mettersi a tavola.