Presentata l’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana
In uno scenario internazionale frenato dalla pandemia, la filiera italiana mostra evidenti segnali di rallentamento.
Presentata questa mattina on line l’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e dal Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“A seguito della crisi pandemica e del generale rallentamento dell’economia, nel 2020 fatturato e addetti della componentistica nazionale sono in calo. Il Piemonte, che vale il 33,5% delle aziende nazionali e produce il 35,8% del fatturato italiano, ha sofferto di più, perdendo posizioni nella scacchiera nazionale, ma continua a dimostrare una maggiore propensione verso l’estero rispetto al resto d’Italia – riassume il Presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina. – La filiera attende una ripresa nel 2021, ma è fondamentale che la visione di politica industriale nazionale sia messa al centro dell’azione politica; gli imprenditori da soli non ce la possono fare a trasformare la crisi in opportunità, perché dietro l’angolo ci sono sfide ben più radicali e complesse: elettrificazione, automazione, transizione tecnologica richiedono, infatti, investimenti sia privati che pubblici in ricerca e sviluppo e risorse umane con adeguate competenze. Siamo di fronte ad una svolta epocale che coinvolge uno dei settori più importanti della manifattura italiana e che, se non presidiata e governata, porterà, in particolare a Torino e in Piemonte, un difficilissimo problema di contrazione con effetti economici e sociali preoccupanti”.
Per Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): “Dopo un 2020 segnato dalla crisi Covid – responsabile di un calo dell’export della componentistica italiana del 15,3%, per un valore di 18,7 miliardi di Euro, il 4,3% del totale esportato dall’Italia, in presenza di una bilancia commerciale rimasta positiva per 5,5 miliardi di Euro – il 2021 ha portato con sé i primi graduali segni di ripresa, ma anche ulteriori incertezze, con l’acuirsi della crisi delle materie prime e della logistica, avvertita già a fine 2020, e il rischio di un’ulteriore stretta sugli obiettivi di decarbonizzazione della mobilità ventilato dalla Commissione UE con la proposta del pacchetto normativo ‘Fit for 55’. Lo shortage dei semiconduttori, che ha causato ritardi nella catena di fornitura e nelle consegne delle nuove auto, perdite produttive nonché aggravi dei costi, è destinato a normalizzarsi solo nel 2023, mettendo sotto i riflettori una dipendenza dai Paesi asiatici da cui la filiera europea dovrà cercare di affrancarsi. Di fronte a queste sfide, è indispensabile che le istituzioni europee e italiane studino un percorso di accompagnamento della filiera automotive alla riconversione produttiva – con particolare riguardo verso la componentistica e le sue PMI”.
Secondo Francesco Zirpoli, Direttore scientifico del CAMI del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari:
“I processi di aggregazione industriale (Stellantis) e il risveglio della politica industriale in Italia, anche grazie agli strumenti forniti dal PNRR, pongono sfide impegnative per la filiera automotive italiana ma anche opportunità inattese. Il futuro della filiera italiana si giocherà sulla capacità di creare programmi di sviluppo e attrazione di investimenti diretti dall’estero, di favorire la crescita di fornitori che attraverso l’internazionalizzazione possano fungere da national champion capaci di trainare i “pezzi” meno avanzati della filiera verso l’upgrade tecnologico, manageriale e di mercato e infine di costruire reti per l’innovazione che sappiano coniugare ricerca di eccellenza e sviluppo industriale sulle nuove tecnologie”.
Il contesto internazionale 2020-2021
Nel 2020 la domanda mondiale di autoveicoli è crollata a 78 milioni di unità, 12,5 milioni in meno rispetto al 2019 (-13,8%). La pandemia, le conseguenti misure di contenimento, l’incertezza dovuta alla crisi economica hanno causato flessioni di mercato significative su tutti i principali mercati: Brasile (-26,2%), India (-23%) e Stati Uniti (-15,2%). Invece in Cina, il paese per primo colpito dal Covid-19, il calo si è fermato al -1,8% nella prima metà del 2020. La domanda di autoveicoli in UE-EFTA-UK, in crescita dal 2014, chiude il 2020 a 14 milioni di unità (-23,6% sul 2019), mentre in Italia il calo è leggermente più alto (-26,6%). Il recupero atteso per il 2021 non sì è verificato, anzi è stato ulteriormente rallentato da nuove sfide che si sono abbattute sul comparto: dall’aumento dei costi di materie prime, quali acciaio e polipropilene, alla mancanza di semiconduttori. La conferma arriva dai rispondenti all’indagine che, nel 66,4% dei casi si sono dimostrati sensibili o molto sensibili al fenomeno dell’aumento dei prezzi delle materie prime, mentre il 44% ha affermato di essere molto influenzato dalla scarsità di componenti e materie prime. Dall'indagine è anche emerso che già nella scorsa primavera, quasi 7 imprese su 10 evidenziavano problemi di approvvigionamento, anche se allora per circa l'80% di queste, si trattava di problemi solo estemporanei.
Nei primi 9 mesi del 2021 la domanda di autovetture registra crescite insufficienti
Nei primi 9 mesi del 2021 la domanda di autovetture registra crescite insufficienti per tornare ai livelli pre-pandemia: +6,6% in UE, +19,7% in EFTA e +5,9% in UK; negli USA le vendite di autoveicoli leggeri crescono del 13,2%, mentre in Cina e in Giappone rispettivamente dell’11%% e del 2%. Nel 2021 la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno agli 85 milioni di autoveicoli (+8%), ma la ripresa è fortemente ostacolata dal Great Vaccination Divide, che vede troppi paesi in via di sviluppo ancora molto indietro sul piano vaccinale e dallo shortage di microchip che potrebbe protrarsi ancora nel 2022. In Italia le vendite di autovetture sono previste in crescita dell’8,5% a 1,5 milioni di unità.
Con 77,6 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale nel 2020 segna un’ulteriore contrazione (-15,8%), dopo i cali del 2019 e del 2018. La fabbricazione di autoveicoli è diminuita in tutto il mondo, ma ancora una volta la Cina è il paese con il calo più contenuto (-2%). La produzione in UE-UK ha totalizzato 13,8 milioni di autoveicoli (-23,5% e una quota del 18% sul totale mondiale). Rispetto al 2019, nel mondo sono stati prodotti oltre 14,5 milioni di veicoli in meno. Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione di autoveicoli è diminuita del 15,1% nel 2020, mentre nel periodo gennaio-settembre 2021 registra una crescita del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; se paragonata ai primi nove mesi del 2019, è invece in calo del 15%. La produzione industriale del settore automotive italiano nel suo complesso (inclusa la produzione di carrozzerie e componenti), registra un calo tendenziale del 21% nel 2020 rispetto al 2019 e chiude il consuntivo di gennaio-settembre a +43,9% su base annua (-8,6% rispetto allo stesso periodo del 2019). Per il 2021 si stima che i volumi della produzione italiana possano attestarsi intorno ad 845mila unità (+8,8% rispetto al 2020). A livello mondiale si prevede che la produzione di autoveicoli si chiuda a fine 2021 a +1%.
L’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana – Edizione 2021
L’edizione 2021 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana descrive un universo composto da 2.203 imprese con sede legale in Italia. Il perimetro di riferimento nel tempo è stato oggetto di un costante perfezionamento, nella consapevolezza che la filiera autoveicolare è per sua natura sempre più dinamica e deve rispondere ai cambiamenti che la mobilità sta vivendo, in primo luogo con i processi di elettrificazione e automazione del veicolo. Non a caso fra i diversi segmenti della filiera le aziende che producono parti e componenti per la fornitura di veicoli elettrici stanno iniziando a delinearsi come categoria separata dagli specialisti, mentre altri segmenti, come gli specialisti dell’infomobilità e del motorsport, hanno già trovato negli anni una loro identità.
I numeri della componentistica automotive
Italia
Nel 2020 le imprese che compongono l’universo della componentistica automotive hanno generato un fatturato stimato pari a 44,8 miliardi di euro e impiegato oltre 161.400 addetti. Rispetto all’anno precedente (quando già era stata registrata una variazione negativa di fatturato), il volume d’affari è ulteriormente calato dell’11,9%, accompagnato dalla diminuzione del numero di addetti (-1,5% a fronte del +0,6% del 2019).
Si tratta di un peggioramento che ha riguardato tutti i segmenti della filiera: le categorie con una riduzione del fatturato più modesta sono le imprese di Engineering & Design (-6,8%), gli specialisti aftermarket (-7,0%) e i subfornitori delle lavorazioni (-9,6%), mentre il calo è più sostenuto per gli specialisti, inclusi quelli del motorsport (rispettivamente -12,1% e -11,3%), sistemisti e modulisti (-12,6%) e subfornitori (-13,6%).
Le regioni più rappresentative
Nel Nord-Ovest, le regioni più rappresentative restano il Piemonte, con il 33,5% del totale italiano (737 imprese), benché nell’ultimo quinquennio la sua incidenza si sia ridotta di oltre due punti percentuale, e la Lombardia che, con oltre 600 imprese, rappresenta il 27,4% dell’universo (cinque anni prima rappresentava il 25,7%). Nel Nord-Est, l’Emilia Romagna ha mantenuto stabile la quota di imprese appartenenti alla componentistica (il 10,2%), mentre il Veneto ha aumentato di poco il suo peso oggi pari all’8,6% (era il 7,2% nel 2016).
Piemonte
Nel 2020 i fornitori piemontesi hanno fatturato 15,8 miliardi di euro (il 35,8% del totale nazionale), con un calo del 13,8% rispetto all’anno precedente, confermando il trend riscontrato anche a livello italiano.
La flessione ha coinvolto più o meno intensamente tutti i livelli della catena di fornitura, in primo luogo i vertici, dove i fornitori di sistemi e moduli integrati hanno registrato un calo del 15,8%; seguono i subfornitori delle lavorazioni e la subfornitura “tout court”, dove il calo è stato rispettivamente del -14,4% e del -13,9%. Per la prima volta negli ultimi cinque anni, si assiste anche a una flessione degli addetti che, con quasi 56.700 unità (il 35,2% del totale nazionale), registrano una diminuzione del -2,7%.
La filiera automotive nel 2020
All’indagine della presente edizione dell’Osservatorio hanno partecipato complessivamente 477 imprese della filiera, con un tasso di risposta del 21,7%.
Dinamiche del fatturato
Solo il 5% degli operatori ha denunciato un giro di affari sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente, mentre le imprese in fase di crescita e quelle in contrazione risultano rispettivamente il 15% e l’80%, da cui deriva un saldo del -65%. Si tratta del valore peggiore nella storia dell’Osservatorio: in particolare si nota il drastico incremento della quota di imprese con un fatturato in calo di oltre 20 punti, passate dal 9% della scorsa rilevazione al 29%. La contrazione è stata particolarmente pesante per il segmento dei sistemisti e modulisti (saldo del -93%) ed è apparsa di grande rilievo per tutto il mondo della subfornitura, in particolare quello delle attività delle lavorazioni (-78%), e per la categoria degli specialisti, compresi gli operatori dell’aftermarket (-66%). A livello piemontese, il saldo tra le dichiarazioni si attesta al -75%, in peggioramento rispetto al saldo 2019 (-35%) e a quello del 2018, anno in cui era positivo (+5%).
Relazioni della filiera con FCA e impatto dell’operazione Stellantis
È proseguito nel 2020 il processo di progressiva riduzione della dipendenza da FCA, accompagnato dalla riorganizzazione delle imprese come fornitrici di altre case. FCA è infatti risultata presente nel portafoglio clienti del 69% delle imprese, il valore più basso rilevato dall’Osservatorio (78% per i fornitori piemontesi); è proseguita inoltre la graduale contrazione della quota di ricavi generati da commesse del gruppo FCA (il 35,4% a fronte del 36,6% del 2019 e del 37,4% dell’anno precedente), dovuta a un significativo calo sul mercato domestico, non sufficientemente bilanciata dalla crescita avvenuta su quello estero. Considerando invece complessivamente i due gruppi confluiti in Stellantis, il fatturato medio generato dalle vendite sale al 41,7%, con un’incidenza complessiva di PSA di oltre 6 punti percentuale. Interrogate sull’impatto derivante dall’operazione Stellantis, quasi sei imprese su dieci hanno dichiarato di non saper ancora dare un giudizio a evidenziare l’incertezza che pervade la filiera in relazione agli esiti nel tempo. Fra quante, invece, si sono espresse, il 72% ne ravvisa un’opportunità a fronte del 28% che percepisce un rischio per il proprio business; per il Piemonte tali percentuali corrispondono rispettivamente al 63% e al 37%. La presenza del gruppo su più mercati viene valutata più in un’ottica di opportunità, mentre i timori si concentrano sui possibili cambiamenti dei volumi di fornitura e sui possibili mutamenti che possono derivare dallo spostamento del baricentro decisionale.
Propensione all’internazionalizzazione
Nell’ambito di una filiera già caratterizzata da un marcato orientamento all’export, il 71,5% delle imprese ha continuato ad esportare anche durante il 2020 (il 76% in Piemonte): la percentuale tuttavia si è ridotta di quasi quattro punti rispetto allo scorso anno. Aumenta però il fatturato derivante dalle esportazioni: oggi rappresenta il 41,3%, era il 40,9% nel 2019 e il 39,9% nel 2018.
Diminuito il numero di imprese che hanno investito in R&S
Nel 2020 è diminuito il numero di imprese che hanno investito in R&S: 69% rispetto al 73% nel 2019. Il calo è dovuto soprattutto alle imprese di medie e grandi dimensioni. Stabile (17%) la quota di imprese che hanno depositato brevetti nell’ultimo triennio (2018-2020).
Il 78% delle imprese dichiara di aver realizzato almeno un’innovazione di processo e/o prodotto nel triennio 2018 – 2020; nell’edizione precedente, la percentuale di chi aveva innovato nell’ultimo triennio era superiore all’80%. In particolare è diminuita la quota di imprese che ha introdotto innovazioni di prodotto (il 39,8%), in calo rispetto alla precedente rilevazione (erano il 42,6%), ma soprattutto rispetto al triennio 2015-17 (il 55,7%). Gli ostacoli che le imprese rilevano nello sviluppo di innovazioni di processo o prodotto, riguardano i costi di innovazione ritenuti ancora molto elevati (53%), la mancanza di personale qualificato (50%), nonché la domanda instabile di prodotti e servizi innovativi (il 49%) e le difficoltà di reperimento di partner con cui collaborare (46%).
Addetti, competenze e nuovi fabbisogni
L’85,7% delle imprese ha al suo interno personale laureato, con una crescita graduale negli ultimi cinque anni: nel 2016 erano l’81,6%. Al contrario, la percentuale di imprese con risorse umane destinate alle sole attività di R&S è calata, dal 72% del 2019 al 70% del 2020 ritornando ai livelli di due anni fa.
Fra le imprese che hanno dichiarato di aver preso parte o di voler partecipare nel prossimo futuro a progetti di sviluppo di tecnologie connesse ai nuovi trend evolutivi del settore (il 55% delle rispondenti totali), prevale la volontà di formare le risorse interne per favorire l’acquisizione delle competenze occorrenti (il 77,3%); diffusa anche l’intenzione di assumere nuovo personale che sia già in possesso della professionalità (il 58,9%) e quella di attivare forme di collaborazione o consulenza con risorse umane esterne (il 47,3%). Nel futuro quinquennio gli ambiti che richiederanno un investimento in figure professionali dedicate saranno principalmente la gestione dei processi produttivi (per il 59% delle imprese) e dei processi di automazione (il 53%). Segue l’esigenza, per il 47% delle imprese, di individuare professionalità che operino nello sviluppo di software o applicazioni e, per il 45% nella ricerca di nuovi prodotti e materiali.
Strategie d’impresa
A causa dell’emergenza sanitaria poco meno del 42% delle imprese del settore ha già messo in atto o ha intenzione di intraprendere una revisione della strategia o della struttura aziendale e, in prevalenza, si tratta di imprese collocate o ai livelli più alti della filiera, quali sistemisti e modulisti (un’impresa su due) o specialisti (il 45%), o con attività più trasversali rispetto alle altre come nel caso delle imprese di E&D (il 50%). La scelta di revisione si è orientata più frequentemente a favore di una diversificazione produttiva, stimolata anche dai nuovi trend tecnologici dell’automotive (il 37,4% delle imprese), o dall’entrata in nuovi settori industriali al fine di diversificare il rischio (il 34,8%).
Prospettive
Per il 2021, le prospettive sono influenzate principalmente dalle tensioni commerciali derivanti dall’aumento dei prezzi delle materie prime (il 65,8% delle imprese), ma anche dal generale rallentamento del quadro economico in Europa (il 62,7%), e dai problemi connessi alla scarsa reperibilità di componentistica di materie prime (il 44,3%).
Tuttavia, la filiera si attende un anno di ripresa: oltre i due terzi delle imprese convengono su una crescita del fatturato, mentre è pari al 57,5%, al 56,5% e al 55% la quota di imprese che prevedono rispettivamente aumenti degli ordinativi interni, delle esportazioni e dell’occupazione.
I trend tecnologici
A livello europeo sul fronte dei powertrain, le motorizzazioni a benzina, per la prima volta nel 2020, vedono erodere in modo significativo la propria quota di mercato (-10 punti percentuali tra il 2019 e il 2020 e -10 punti percentuali nel primo semestre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020) a beneficio dei powertrain elettrificati, che hanno aumentato la propria quota percentuale di circa due volte e mezza, passando da poco meno del 10% nel 2019 a quasi il 24% nel 2020 (con una crescita ulteriore nel primo semestre del 2021 che porta la quota degli EPV al 35,7%).
Powertrain elettrificati al 47,5%
Guardando alle imprese rispondenti all’indagine, la percentuale di fornitori che si descrivono come posizionati sul comparto dei motori a benzina e diesel rimane molto elevata (rispettivamente 72,8% e 77,9% dei rispondenti), ma è significativa anche la percentuale di quanti si posizionano (oltre al resto) sui powertrain elettrificati 47,5%. Consistente è anche la percentuale di componentisti che si descrive come posizionata sulle alimentazioni a metano e/o GPL (29,7%, su un mercato interno importante, che conta intorno al 9% delle immatricolazioni oltre alle trasformazioni dei veicoli circolanti). Da segnalare il dato, da ritenersi confortante alla luce dell’andamento del mercato, delle aziende che si posizionano esclusivamente sulle motorizzazioni diesel, che risulta pari all’11,2%. Da segnalare, inoltre, il 6,9% di rispondenti che si dichiarano posizionati sulle fuel cells, un dato che si distingue in quanto di gran lunga superiore all’effettiva presenza di questi powertrain sul mercato, e al quale, anche se quasi certamente è influenzato dagli usi complementari di questa tecnologia, è lecito guardare con ottimismo.
Industry 4.0
La rilevazione ha evidenziato che il 56,2% delle imprese dichiara d’aver già introdotto almeno un’innovazione riconducibile all’Industry 4.0, percentuale in leggero aumento rispetto all’anno precedente. Il 14,2% dichiara di non voler fare investimenti su questo fronte, mentre il 26,2% progetta di farli in futuro, soprattutto per innovare l’impresa e rimanere competitivi. Per il 58,8% delle imprese le misure a sostegno delle iniziative pubbliche di digitalizzazione e innovazione (Industria 4.0, nuovo Piano Transizione 4.0) sono state efficaci, e per il 76,3% saranno essenziali in futuro. Il quadro che emerge è di una filiera che ancora si appoggia primariamente all’investimento pubblico per portare avanti ambizioni processi di transizione tecnologica.
Relazioni di filiera
Le relazioni di filiera, a fronte di un quadro incerto e di una necessità sempre maggiore di innovare, possono rappresentare un elemento critico per il cambio di passo dei componentisti italiani, sia sul fronte dell’accesso a nuove competenze, sia sul fronte della flessibilità e dell’accesso a risorse per progetti ambiziosi.
Le imprese rispondenti all’indagine 2021, identificano nelle competenze un elemento critico, quando sollecitate rispetto al quadro di cambiamento costituito dall’operazione Stellantis. Tuttavia, solo il 12% ha avviato delle attività di aggiornamento delle competenze per prepararsi a questo cambiamento, mentre il 67% non ha apportato alcun cambiamento (e non intende apportarlo nel breve periodo) alle proprie attività in vista del mutato scenario.
Le imprese confermano la tendenza a muoversi in autonomia. Nell’edizione 2021 poco meno del 50% delle imprese intervistate ha avviato almeno una relazione di collaborazione. Complessivamente, considerando gli obiettivi di ricerca e sviluppo, innovazione di prodotto e processo, il 41% delle relazioni inter-organizzative descritte dalle imprese intervistate è mirato allo sviluppo congiunto di progetti innovativi. In termini di tasso di successo, le relazioni volte alla commercializzazione registrano il tasso più alto (63%), dato non sorprendente stante la più bassa complessità di coordinamento tra i partner.