CONSULENTI DEL LAVORO

Cassa integrazione e blocco licenziamenti: una storia infinita

L’Ordine provinciale di Torino spiega le novità introdotte dal decreto “Sostegni Bis” e racconta il recente webinar su “Covid, Smart Working, Stress correlato e rischio burnout del professionista”.

Cassa integrazione e blocco licenziamenti: una storia infinita
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A seguito della pubblicazione del DL n. 73 del 25 maggio 2021, comunemente detto “Sostegni Bis”, ci troviamo nuovamente costretti ad occuparci di cassa integrazione e, conseguentemente, di licenziamenti. 

Un doveroso aggiornamento e un’opportuna puntualizzazione

Siamo perfettamente consapevoli che la materia possa non essere delle più gradevoli e attraenti, in particolare la seconda, richiamando scenari di forte tensione emotiva che coinvolgono intere famiglie ma, purtroppo, trattandosi di disposizioni sostanziali poiché di rilevante impatto sociale, ci impongono un aggiornamento con i lettori in merito alla legislazione in vigore in virtù del nostro precedente intervento pubblicato nell’uscita di aprile 2021.

Prima di entrare nel dettaglio ci sia però consentita una doverosa e opportuna puntualizzazione di carattere professionale: per nostra esperienza, e contrariamente a ingannevoli quanto ripetuti stereotipi di ruolo e di parte, la netta maggioranza dei datori di lavoro si relazionano alle cessazioni unilaterali del rapporto per motivi economici con estremo malessere, spesso rimandando le decisioni, nella speranza che altri correttivi possano intervenire a risolvere i problemi ed esercitandole in situazioni davvero estreme, non diversamente gestibili. 

Sblocco dei licenziamenti e fine della Cassa Integrazione al 30 giugno?

Tornando alle novità emergenziali, restano apparentemente confermate le due date inerenti la fine del blocco: nello specifico il 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di Cassa Integrazione Ordinaria e Cassa Integrazione Straordinaria e il 31 ottobre 2021 per i lavoratori coperti da strumenti di deroga. 

Perché apparentemente? Perché accavallandosi i rinvii del predetto blocco dei licenziamenti e associandoli all’accesso all’ammortizzatore sociale si è generata una situazione in continua evoluzione, spesso con criteri sovrapposti come nell’eventualità delle imprese industriali, che non a caso autorevoli commentatori hanno battezzato al limite del rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico. 

Il decreto “Sostegni Bis” offre infatti la possibilità ai datori di lavoro che non potranno più utilizzare la Cassa Integrazione Covid-19 dal mese di luglio 2021 di poter accedere pressoché gratuitamente alla Cassa Integrazione Ordinaria o Straordinaria, pertanto privi dell’onerosissimo carico dei contributi addizionali calcolati sulla retribuzione persa, successivo alla riforma del settore, risalente al 2015. 

 

Blocco licenziamenti e Cassa Integrazione fino al 31 dicembre?

Va quindi da sé che tutte le aziende, per lo più industriali, che usufruiranno dell’ulteriore intervento dello Stato, non potranno avviare fino al 31 dicembre 2021 delle procedure di licenziamento collettivo e individuale per giustificato motivo oggettivo; in pratica s’inserisce una terza data alle due precedenti. Il 31 dicembre 2021 corrisponde anche al riferimento conclusivo relativamente al blocco per le imprese rientrati nel campo di applicazione di assegno ordinario Fis e Cassa Integrazione in Deroga, se fruiranno del trattamento per la durata massima di 28 settimane distribuendole dall’1 aprile 2021 sino alla fine dell’anno. 

Insomma, uno zibaldone camaleontico dove emergono ben sei fasi differenti dall’inizio della pandemia ad oggi, tali da disorientare ogni realtà imprenditoriale se non adeguatamente supportata da professionisti capaci ed attenti. Di certo è lecito domandarsi se il tema sia stato trattato con intendimenti definitivi: la vicenda con protagonista il ministro del Lavoro Andrea Orlando, su una proroga intermedia al 28 agosto 2021, sfumata poi nello spazio d’un respiro, induce a pensare l’esatto contrario. All’orizzonte, dunque, si intravedono sblocchi selettivi, nel solco d’una via, tipicamente italiana, del compromesso ma non coincidenti con la libera organizzazione dell’impresa, diritto garantito dall’articolo 41 della nostra carta costituzionale. 

Effetti da pandemia: lo stress da lavoro

Tematica sempre centrale e rilevante nella discussione pubblica è quella legata alla sicurezza nel mondo del lavoro: secondo i dati Inail le denunce di infortunio con esito mortale nel 2020 ammontano a 1.270, con un incremento del 16,6% rispetto al 2019 e con un trend evidenziatosi in crescita nei primi mesi del 2021.

Tale incremento è anche dovuto al pieno riconoscimento della tutela infortunistica legata ai casi accertati di infezione da Covid-19 in ambito professionale e, per il 2021, correlato alla piena ripresa dell’attività lavorativa.

Se da una parte il lavoro agile emergenziale ha determinato una flessione degli spostamenti, e di conseguenza degli incidenti nel tragitto casa-lavoro, dall’altra parte ha alimentato e revisionato il rischio spesso sottovalutato di stress lavoro correlato.

La definizione di stress è «una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro». Per quanto riguarda lo stress lavoro correlato, lo stesso può interessare qualsiasi luogo di lavoro e ogni lavoratore, in quanto è causato da aspetti diversi strettamente connessi con l’organizzazione e l’ambiente di lavoro, che, durante il periodo pandemico sono stati amplificati.

 

 

Il webinar organizzato dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Torino

Se ne è parlato il 26 maggio 2021 al webinar dal titolo “Covid, Smart Working, Stress correlato e rischio burnout del professionista” organizzato dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Torino con la collaborazione delle Direzione Regionale Inail Piemonte, nel quale si è analizzato il rischio psicologico dei lavoratori al tempo del Covid-19. 

Dal webinar è emersa, oltre alla pesante fragilità psicologica dovuta al periodo, il rischio di tecnostress dovuta alla forzata digitalizzazione dell’attività lavorativa impiegatizia. Il tecnostress può essere definito come «una moderna malattia dell’adattamento causata dall’incapacità di far fronte alle nuove tecnologie informatiche in modo sano»; il tutto senza trascurare il sovraccarico di informazioni da gestire contemporaneamente da diversi device. 

Tale patologia non è nuova: nel 2007 fu considerata una malattia professionale da una sentenza della Procura di Torino, mentre l’Inail nel 2014 l’aveva già inserita nell’elenco delle malattie professionali.

Complicazioni da iperconnessione e diritto alla disconnessione

La problematica riguarda la continua e obbligata connessione uomo-macchina, che ha interessato soggetti non adeguatamente preparati. Microsoft ha rilevato, tra il febbraio 2020 e il febbraio 2021, 40 miliardi di e-mail, più 148% di meeting online, più 45% di chat a settimana e più 42% di chat fuori l’orario di lavoro. I lavoratori da remoto, in questa forma non regolamentata ed emergenziale di lavoro agile pandemico, sono divenuti quindi terreno fertile per le complicazioni da iperconnessione.

Sul punto si è intervenuti normativamente con il rafforzamento del c.d. diritto alla disconnessione per i lavoratori agili. Infatti, la Legge 61/2021, riconosce a tali lavoratori il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, sempre nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati, ma aggiunge che tale diritto «non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».

 

 

Stress per i professionisti e rischio burnout per i consulenti

Ma lo stress pandemico psicologico non è solo rivolto ai lavoratori dipendenti (almeno normativamente tutelati); la pressione psicologica in questo particolare periodo ha avuto un forte impatto su diverse figure professionali autonome, le quali hanno dovuto sopportare le pressioni dovute ai rischi virologici ma anche ulteriori criticità. E’ il caso dei Consulenti del Lavoro che si sono trovati ad affrontare una produzione incessante di norme di difficile interpretazione e di veloce attuazione, con prassi di riferimento alcune volte contrastante e con relative scadenze tassative fondamentali non solo per le aziende ma anche per i lavoratori dipendenti.

Non è quindi inaspettato il risultato del sondaggio, sottoposto a circa un quarto degli iscritti della provincia, che attesta come la maggioranza degli intervistati dal marzo dello scorso anno accusi disturbi del sonno provocati dall’ansia delle scadenze degli ammortizzatori sociali o di altri istituti. Circostanza che comunque non ha impedito di rappresentare, in questi tempi disagevoli quanto sfibranti, un punto di riferimento per la tenuta economia e sociale del Paese.

Consulenti del Lavoro: chi sono

 

 

Il Consulente del Lavoro è una professione ordinistica che si occupa di amministrazione aziendale a 360°: dalla gestione delle risorse umane, alla pianificazione strategica dell’attività imprenditoriale, passando per la gestione di tutti gli adempimenti legati ai rapporti di lavoro ed alla fiscalità d’impresa. In linea con un mercato del lavoro moderno e flessibile, il Consulente del Lavoro negli ultimi anni ha conosciuto una grande espansione nell’esercizio delle sue funzioni, diventando un punto di riferimento indispensabile per le imprese e le persone nel dialogo con la pubblica amministrazione. 

Un piccolo esercito di 26.000 professionisti che danno lavoro a più di 70.000 dipendenti, amministrano 1 milione di aziende, elaborano oltre 7 milioni di cedolini per un monte retribuzioni di circa 100 milioni di euro all'anno e promuovono 100.000 tirocini l’anno.

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A cura dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Torino

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