Prosegue senza sosta la battaglia delle associazioni ambientaliste contro i cantieri al parco del Meisino, nel quadrante nord di Torino.
Il Comitato Salviamo il Meisino, insieme alle associazioni LAV e OIPA Italia Odv, ha diffidato l’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese dal proseguire l’allargamento dei cantieri del “Centro di Educazione Sportiva e Ambientale” nella zona più naturale e ricca di biodiversità del Meisino.
Il Comitato Salviamo il Meisino fa sapere tramite un comunicato:
“Rendiamo noto che il 13 ottobre, per conto dello scrivente Comitato e delle associazioni LAV Lega Antivivisezione e OIPA Italia Odv, l’avv. Virginia Cuffaro ha inviato all’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po Piemontese una diffida a non allargare i cantieri del “Centro di Educazione Sportiva e Ambientale” (già “Parco dello Sport”) nella porzione meno antropizzata e a più elevata biodiversità della Zona di Protezione Speciale del Meisino.
Nell’area in questione, a nord dell’ex galoppatoio militare, il Comitato Salviamo il Meisino ha documentato e segnalato l’esistenza di tane di tassi (Meles meles), specie protetta ai sensi della Legge n. 157/1993 nonché dalla Convenzione di Berna (Legge n. 503/1981). Peraltro i tassi non sono l’unica specie di mammiferi protetta identificata: è stata fotografata anche una faina (Martes foina). Si è quindi diffidato l’Ente gestore a procedere a sopralluogo e verifica dei lavori, nonché a porre in essere ogni azione volta all’immediata tutela della fauna selvatica, compresa la sospensione dei lavori in quella zona.
Simultaneamente è stata inviata una segnalazione ai Carabinieri Forestali. L’area della riserva naturale in questione è una delle poche a oggi non ancora devastate dalle ruspe: essa è però destinata a essere sconvolta da un assurdo “restyling” delle zone umide, ideato – come l’intero progetto – senza tenere in alcun conto la fauna selvatica che vi dimora: anfibi, rettili, uccelli, piccoli mammiferi, insetti ecc., anche appartenenti a specie protette.
Circa un anno fa abbiamo ottenuto che fosse stralciato l’intervento deleterio di scarico della terra di scavo su una collinetta che ospita una grande colonia di tassi. Avevamo creduto di aver scongiurato anche l’apertura di una strada di cantiere ai margini della zona delicata di cui sopra: strada del tutto superflua in quanto parallela a un tratto di via Nietzsche: sul quale infatti per 13 mesi i mezzi delle imprese sono transitati (quando non si sono aperti comode scorciatoie attraverso i prati). Secondo il cronoprogramma, mancano due mesi dalla fine dei lavori: vieppiù inutile appare quindi l’apertura di quella strada adesso. E invece due settimane fa ne è stata avviata la costruzione, con abbattimenti di alberi, eliminazione totale della vegetazione e compattazione del suolo. Come successo in altri casi, è probabile che alla compattazione si aggiunga la plastificazione, ossia che sia steso un telo di propilene.
I vari interventi previsti dal progetto arrecherebbero già danni gravissimi. Ma ulteriori danni sono causati dall’esecuzione grossolana delle opere, senza rispettare le specifiche, da parte delle imprese. Alcuni alberelli piantati da qualche mese sono stati tirati giù con manovre sbagliate dei mezzi da cantiere, altri sradicati e rinvasati perché gli addetti si sono accorti che il tracciato della passerella ciclopedonale deve passare dov’erano stati collocati… Per poi invece rendersi conto che la collocazione era giusta e il tracciato sbagliato. Tutto questo e qualsiasi altra operazione è ovviamente possibile, dato che la preoccupazione dell’Ente gestore che dovrebbe tutelare la riserva naturale è che il progetto non sia completato entro la scadenza (si veda l’intervista rilasciata dal Commissario Saini a «la Repubblica» il 13 marzo u.s.), per cui i lavori avanzano senza alcuna sorveglianza, tranne quella dei cittadini.
La riserva naturale del Meisino è stata quindi depauperata di vegetazione, di fauna e persino di suolo: benché sulla carta la terra di scavo debba restare tutta nel parco per essere usata per reinterri, ne stanno venendo portate via camionate, scaricate in un sito di Volpiano. Il bottino di terra e di legna estratti dalla riserva naturale si somma così agli introiti conseguiti dalle ditte che si sono aggiudicati appalti e subappalti.
Il depauperamento dell’area verde pubblica ovviamente si riflette anche sulle nostre tasche, perché il costo complessivo del progetto resta prossimo agli 11 milioni di euro, anche dopo la Variante. Soldi pubblici (PNRR) che per di più dovremo restituire in parte all’Unione Europea.
Per gli assessori che hanno ideato il progetto e per i funzionari del Comune che eseguendolo beneficiano degli “incentivi per le funzioni tecniche”, questa cifra forse non sarà grande: per noi semplici cittadini è colossale. E la nostra indignazione non cessa di crescere, davanti allo scempio – che dura ormai da 13 mesi – di un’area verde pubblica di valore naturalistico unica in questa città e davanti alla sua conversione in un’accozzaglia di stravaganti attività sportive che a oggi non si sa nemmeno quale soggetto prenderà in gestione”.