cronaca

Chiesto l’ergastolo per l'assassino della giovane mamma tunisina Roua Nabi

Da subito in questa vicenda la questione del malfunzionamento del braccialetto elettronico è stata centrale

Chiesto l’ergastolo per l'assassino della giovane mamma tunisina Roua Nabi
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Una storia con dei "se" e dei "forse" che pesano come macigni quella di Roua Nabi, uccisa dall'ex marito nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2024. Per lui il pm Cesare Parodi ha chiesto l'ergastolo con isolamento diurno per 4 mesi.

Eppure questa di storia, forse, poteva avere un finale diverso.

L'ex terrorizzava mamma e figli

L'assassinio di quella giovane mamma tunisina di due bambini di 12 e 13 anni, in fondo è la trama di sempre con un marito violento e pericoloso che non accetta che la famiglia che avrebbe dovuto amare e proteggere si sia invece trincerata per non avere più a che fare con lui.

Ben Alaya Abdelkader, operaio edile, 48 anni, connazionale di Roua è però intenzionato a riprendersi ciò che è "suo" e si presenta quasi quotidianamente nell'appartamento in via Cigna 66, a Torino, dove vivono mamma e figli.

Il 48enne, che ha dei precedenti, indossa un braccialetto elettronico che dovrebbe avvisare la questura di Torino del suo avvicinamento all'ex. Qualcosa però non funziona e l'assassino agisce senza trovare ostacoli colpendo Roua con un coltello da cucina dritto al polmone davanti ai figli.

Il malfunzionamento del braccialetto

Da subito la questione del braccialetto elettronico diventa centrale.

Nel caso specifico di Roua poi i braccialetti sono in realtà due: uno non rimovibile per lo stalker e l'altro per la sua vittima (uno smartwatch).

Quello della vittima serve per essere avvertita di un avvicinamento pericoloso. Il sistema funziona con Gps e deve essere sempre portato con sé dalla potenziale vittima. Nel caso lo stalker sia troppo vicino, il dispositivo inizia a suonare avvertendo la donna, la polizia e i carabinieri. Dalla sala operativa a questo punto parte la richiesta di gelocalizzazione. In caso di spiegazioni non convincenti si interviene.

A distanza di 7 mesi si è fatta chiarezza sulle motivazioni del mancato funzionamento dei braccialetti: erano entrambi scarichi.

E quel drammatico"se" torna a riecheggiare come a settembre: se Roua avesse caricato il suo braccialetto elettronico (esattamente come si fa con i cellulari) forse si sarebbe salvata.

A ribadirlo è stato il pm Cesare Parodi al Tribunale di Torino durante un dibattimento che nessuno ha potuto registrare a tutela dei figli della vittima.

Una drammatica semplicità quella illustrata dal pm. Eppure, in passato per capire il funzionamento, o meglio il malfunzionamento, del braccialetto, sono state redatte relazioni (anche da Fastweb che ne ha implementato le funzionalità) e sulla reale efficacia del braccialetto sono sorti dubbi anche da parte delle forze dell'ordine (non sono pochi i casi citati persino dal sindacato dei carabinieri in cui il braccialetto non ha mandato alert).

In aula anche la mamma di Roua

In aula anche la madre della vittima, rappresentata dall'avvocato Stefania Agagliate, e ascoltata come testimone sulla burrascosa relazione tra la figlia e l'ex marito.

Mentre Ben Alaya Abdelkader, difeso dagli avvocati Rocco Femia e Ruggero Marta, ha ripercorso il rapporto con la moglie dall'inizio del matrimonio fino agli ultimi litigi per la decisione di Roua Nabi di voler tornare in Tunisia.


La sentenza è attesa nelle prossime ore.

 

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