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Gli ambientalisti in Lombardia: "No alla riapertura degli impianti sciistici e no ai ristori"

"Crediamo che voler eguagliare montagna e sci sia a dir poco arrogante: meglio attività ambientalmente più compatibili".

Gli ambientalisti in Lombardia: "No alla riapertura degli impianti sciistici e no ai ristori"
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E' sicuramente una voce fuori dal coro, quella che arriva dalla Lombardia, direttamente coinvolta, proprio come il Piemonte (in copertina, Bardonecchia Ski), nell'acceso dibattito sulla riapertura o meno degli impianti sciistici.

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"No alla riapertura degli impianti sciistici e no ai ristori"

Gli ambientalisti bergamaschi portano un punto di vista molto distante rispetto al corale rumore di fondo che invoca la non cancellazione della stagione sciistica, sia da parte dei gestori che degli amanti della neve.

Al nostro Prima Bergamo, Orobievive, il coordinamento delle associazioni ambientaliste della provincia di Bergamo, ha inviato una missiva in cui dettaglia il proprio convincimento: in sintesi, gli impianti non vanno riaperti e non vanno neppure dati ristori ai gestori.

"Leggiamo delle richieste dei gestori degli impianti sciistici che chiedono di poter aprire, sostenendo che senza la riapertura la montagna soffrirebbe.

Crediamo tuttavia che la riapertura degli impianti sia tutt’altro che necessaria: questa estate la montagna ha visto un’ottima stagione, come non ne vedeva da tempo e, ovviamente, non certo per merito degli impianti sciistici. Dunque le persone vanno in montagna anche senza impianti, a fare altro che non sia lo sci di discesa.

Crediamo che voler eguagliare montagna e sci sia a dir poco arrogante: da tempo si vede come i nuovi trend siano bob, ciaspole, escursionismo, wellness, agriturismo, B&B, ristorazione di alta qualità, mentre lo sci da discesa è da anni in continua riduzione. Nessuno di questi dipende dalla pratica dello sci di discesa.

Ricordiamo anche come all’inizio della pandemia vi sia stata molta preoccupazione per gli assembramenti che si erano creati nelle stazioni sciistiche e come le foto circolate sui social e gli articoli apparsi su questo giornale abbiano mostrato i rischi che si erano creati presso gli impianti, nonostante le raccomandazioni di distanziamento fossero già state emesse. Questo ci porta a guardare con grande cautela l’ipotesi di riaperture degli impianti".

C'è poi una specificità legata anche alla particolare situazione della Bergamasca, dove negli ultimi anni la (mala)gestione degli impianti ha portato a inchieste su tangenti, fallimenti e misteriosi sabotaggi e vandalismi.

"Pensiamo poi che la richiesta di ristori non sia condivisibile: nella maggior parte dei casi e degli anni, questi impianti hanno operato in perdita, e già in passato hanno avuto bisogno di supporto pubblico. Riteniamo che tenere in vita artificialmente attività che sono in perdita strutturale e non più coerenti con l’andamento climatico degli ultimi anni sia controproducente, e che si debba invece facilitare la transizione verso attività ambientalmente più compatibili, a maggior valore aggiunto e con migliori prospettive occupazionali. Crediamo, quindi, che si debbano focalizzare le risorse sugli ambiti più innovativi e più in linea con i trend attuali, piuttosto che basare la ripartizione delle risorse sulla maggiore o minore capacità di fare lobby.

Le risorse, sia quelle naturali che quelle economiche, non sono infinite e più debito faremo, senza che questo possa offrire ritorni futuri, più lasceremo un fardello oneroso ai giovani ed alle prossime generazioni".

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