L'inchiesta

La violenza psicologica dei finti “principi azzurri”

I predatori affettivi «cacciano» soprattutto sui social network, dove adescano le loro vittime.

La violenza psicologica dei finti “principi azzurri”
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La violenza psicologica dei sedicenti “principi azzurri”, ossia i “predatori affettivi”, che «cacciano» soprattutto sui social network, dove adescano le loro vittime.

La violenza psicologica

Non c’è solo quella fisica, c’è anche la violenza psicologica dei sedicenti “principi azzurri”, ossia i “predatori affettivi”, che «cacciano» soprattutto sui social network, dove adescano le loro vittime.  Ed è più difficile da riconoscere, perché più subdola ancora. Quest’anno, caratterizzato per tutti dal forzato isolamento sociale per il lockdown dovuto alla pandemia, hanno trovato maggiori e potenziali prede. Li si può aver incontrati qualche volta anche di persona, ma sono le chat di messaggistica le loro «armi».

L’approccio

Tutto inizia con una richiesta di amicizia o un follow e dal primo contatto, talvolta, possono anche passare settimane o mesi. Ma non è mai una sola la vittima prescelta. La caratteristica ricercata in quest’ultima? L’empatia. Nel frattempo le «corteggiano» con «like», «cuori» e «abbracci» ai post pubblicati e primi messaggi in chat. Il predatore affettivo ha un vero e proprio harem virtuale, passando da un social network all’altro. Perché li utilizza in modo ossessivo sia nel lasciare apprezzamenti, che nel carpire informazioni. E, via via, attiva pseudo relazioni parallele.

 

Il modus operandi

Già dai primi contatti simula empatia. Essendone privo, ammaglia la vittima fingendo di avere interessi, gusti e quant’altro in comune. L’obiettivo? Arrivare ad affermare dopo poco tempo: «Allora siamo uguali!», e «E’ come se ci conoscessimo già da una vita!». Come fa? Completa o ripete parte delle frasi della vittima per rimarcare una sintonia (con l’obiettivo di affermare, ad esempio: «Siamo sulla stessa lunghezza d’onda»), in realtà inesistente. Di contro racconterà il suo passato sfortunato e costellato di tradimenti, fallimenti e depressione. Dipingerà anche le sue ex come delle «pazze». Già in questa fase potrebbe persino chiedere l’indirizzo di casa della vittima per farle una «sorpresa».

Il love bombing

Una volta carpita la fiducia della preda – seppur su espedienti e menzogne – innesca il cosiddetto «bombardamento d’amore». Messaggi cadenzati nel corso della giornata (mattina, pausa pranzo, pomeriggio e sera), invio di fotografie (dal piatto ordinato al bar, all’uscita con gli amici, con l’unico scopo di rafforzare la fiducia nella preda, dimostrando di essere sincero, mentre in realtà è un bugiardo patologico). Poi passerà alle videochiamate. Anche in questo caso, cadenzate. Ma non è un interesse sano e reale. E’ il suo modo di controllare la vita e le abitudini della preda. Con queste azioni induce pure l’inizio della cosiddetta «dipendenza» affettiva (spesso i predatori soffrono, a loro volta, di dipendenze da sostanze stupefacenti o alcol). Continua poi con i messaggi del buongiorno e della buona notte, accompagnati da emoticon e gif, dichiarando anche il proprio amore. Già in questa fase il predatore potrebbe parlare di figli o di convivenza, confidando il proprio desiderio di avere «una presenza» (è questa la parola usata per la futura compagna che ne rimarca la concezione di oggetto e non di persona) in casa. Il love bombing non è altro che il preludio della manipolazione.

Il gaslighting

Già durante i messaggi e le videochiamate emergono le prime contraddizioni tra frasi ambigue, sarcasmo eccessivo, negazioni di contenuti, affermati invece in precedenza, e velati ordini («Abituati», «Sono così», «Non hai capito che stavo scherzando»). Alla richiesta di spiegazioni per chiarire i dialoghi, ce ne saranno ben poche. Perché il manipolatore affettivo semmai incolpa la vittima, accusandola ad esempio di «analizzare ogni sua parola». Un altro esempio: definirà se stesso «coriaceo» piuttosto che «catafratto», mentre chiamerà la vittima «bambina» o con appellativi simili. E le ex da «pazze» verranno invece descritte in senso opposto. E’ la genesi della violenza psicologica.

 

Il bastone e la carota

Il predatore, una volta incontrata la vittima e iniziando la relazione (che non è mai esclusiva, seppur lo voglia far credere, bensì parallela ad altre), prosegue nella sua opera di svalutazione disorientandola sempre di più. I dialoghi continuano ad essere sempre più ambigui e sarcastici, con l’aggiunta di screditare ed umiliare molto spesso la partner. Se durante il love bombing ne apprezzava le qualità, nel corso della svalutazione quelle stesse particolarità sono messe in discussione e denigrate. Il predatore affettivo smentirà anche situazioni accadute, dirà di non ricordarsele oppure fornirà spiegazioni diverse, a distanza di poco tempo, sullo stesso fatto. La preda cade così in dissonanza cognitiva a  causa delle continue incongruenze.

La svalutazione

Contemporaneamente cerca di umiliare la vittima durante l’intimità e anche in pubblico. Nonostante sia stato lui a dichiararsi per primo, comincia a dire di non pronunciare più «certe parole». O di non «sfiorarlo» nemmeno più. La rifiuterà e allontanerà sempre di più. Insinua costantemente dubbi sulla situazione e, soprattutto, provocherà la gelosia della preda (con frasi come: «Fra tutte sei quella che…», giurando alla vittima di essere però per l’unica). In questo modo rafforza il controllo rispetto ai propri scopi e, in questa fase all’apice della manipolazione, molto spesso vengono avanzate anche richieste di denaro.

 

L’abbandono

Qualora la vittima metta in discussione il comportamento o evidenzi problemi di relazione, il predatore affettivo cercherà sempre di rimandare il confronto («Con chi credi di avere a che fare?», «Per chi mi hai preso», «Non mi dire che anche tu sei così…») o di scaricare ogni responsabilità su di lei («E’ colpa tua», «Se non la pianti ne pagherai le conseguenze», «Se mi ami fai come ti dico io»). Fino ad arrivare ad un vero e proprio scontro: il predatore affettivo a questo punto tirerà fuori la sua rabbia e la sua aggressività fino a quel momento mascherata, sfogandola contro la vittima. Già alla prima discussione potrebbe, ad esempio, lanciare o scaraventare oggetti a terra.

Il ghosting

Quando il predatore affettivo ha soddisfatto i suoi bisogni, scarica la vittima come un oggetto vecchio per passare a quella successiva, nel frattempo abbordata e conosciuta seguendo lo stesso schema. E alla fine sparisce come un «fantasma». Per un po’ non risponderà più a messaggi e chiamate: il suo silenzio avrà anche una sorta di valenza punitiva, con l’obiettivo di rafforzarne ancora di più la manipolazione attraverso la violenza psicologica. Perché lui manterrà sempre in piedi una scusa per farsi ricontattare dalla vittima (come oggetti dimenticati). E dopo il suo lungo silenzio, ritornerà come nulla fosse.

Il revenge

Il predatore, all’ennesimo scontro con la vittima che lo ha messo di fronte alla verità e alla violenza psicologica subita, attua una qualche forma di vendetta (la più crudele è il revenge porn). E tornano così in gioco nuovamente i social, pubblicando post «subliminali» su contenuti ambigui (ad esempio su imminenti «fidanzamenti»). Spesso nell’ennesima umiliazione della vittima, coinvolge anche amici e colleghi di lavoro, a loro volta manipolati (perché il predatore fa così con tutti: come alla vittima aveva parlato male di loro, a proprio tornaconto personale, così ora parla male di lei).

No contact

Alla vittima viene sempre consigliato di rivolgersi a professionisti e di non ricadere più nella trappola, evitando ogni contatto. La violenza psicologica lacera la dignità, l’autostima e l’anima stessa. Ferite profonde nell’animo, altrettanto difficili da risanare come quelle provocate da quella fisica. Per ulteriori approfondimenti sul tema, è disponibile una relazione della Questura di Torino.

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